Bruno Pizzul era l’ultimo rappresentante di una dinastia di giornalisti che, prima alla radio, poi in televisione, ha raccontato pagine memorabili di storia dello sport e di calcio in particolare. Da Niccolò Carosio a Sandro Ciotti, da Nando Martellini ad Enrico Ameri e Alfredo Provenzali, le loro voci ‘leggevano’ gli avvenimenti e li porgevano al pubblico, sopperendo magistralmente ai moderni mezzi tecnologici.
Nato a Cormons (Udine), Pizzul è morto a Gorizia e avrebbe compiuto 87 anni sabato prossimo. Da giovane aveva alternato gli studi all’attività sportiva, dedicandosi in particolare al calcio. Raccontava di un provino sostenuto nel 1958 con il Catania, allora in serie A, insieme ad un altro ragazzo friulano: “I dirigenti siciliani si trovarono davanti ad un bivio e sbagliarono strada. Scelsero me perché ero ‘fisicamente più prestante’. Ma l’altro si chiamava Tarcisio Burnich”.
La carriera calcistica – nel ruolo di centromediano – é però breve, interrotta da un infortunio. Maturità classica, laurea in giurisprudenza, quindi l’insegnamento di materie letterarie nelle scuole medie, fino all’assunzione in Rai del 1969, dopo aver partecipato al concorso nazionale per radio-telecronisti.
Sono i primi passi di una lunga storia professionale che lo porterà a raccontare con la sua voce inconfondibile le gesta della Nazionale in cinque Mondiali e quattro Europei tra il 1986 – quando succede a Martellini – ed il 2002. Era un’Italia che si sentiva grande e legittimamente sognava di conquistare un trofeo. Non sarebbe successo in quei 16 anni. Così Pizzul, pur descrivendone alcune delle pagine più importanti, non riuscì ad incrociare mai l’Italia campione.