NUORO – Si è tenuto ieri mattina nei locali dell’aula magna dell’Istituto Agrario un incontro con gli studenti sul processo d’industrializzazione a Ottana attraverso le testimonianze degli operai Pasqualina Borrotzu, Francesco Tolu, degli ex sindaci Giampaolo Marras e Maria Sedda.
Nell’introduzione Lisetta Bidoni ha riepilogato le varie fasi della creazione dell’industria nella Sardegna centrale, grazie ai finanziamenti del Piano di Rinascita e agli studi delle commissioni di Camera e Senato, e della Commissione d’inchiesta sui fenomeni del banditismo in Sardegna, presieduta dal ministro Medici, nell’ambito della quale si sostenne la necessità dello sviluppo attraverso l’industrializzazione.
INDUSTRIALIZZAZIONE E BENESSERE – Erano gli anni ’70 quando a Ottana si iniziò a costruire la fabbrica, in un paese di 1800 abitanti che fino a quel momento, oltre a pastorizia e agricoltura, viveva con i soldi inviati alle proprie famiglie dagli oltre 500 emigrati. Prima della fabbrica il 30% della popolazione attiva erano agricoltori; poi iniziò l’esodo dalle campagne e l’emigrazione; l’industria assorbì così la manodopera agricola e favorì il ritorno degli emigrati, con un notevole sviluppo economico e crescita sociale e culturale: si poterono formare nuovi laureati, nacquero diverse associazioni, tutti fenomeni avvenuti anche in numerosi altri centri in cui erano presenti lavoratori occupati nella industria di Ottana.
Il benessere economico di cui ha goduto il Nuorese in quegli anni non ha precedenti: nel polo chimico della Sardegna centrale erano occupati 4000 uomini e 120 donne; qui nacque la classe operaia più giovane d’Italia, con numerosi lavoratori che si formarono come dirigenti sindacali, politici, e ricoprirono incarichi istituzionali non solo nei comuni ma anche a livello sindacale e parlamentare. Per molti degli operai la fabbrica era stata un miraggio, un sogno; molte donne che fino a quel momento non avevano potuto indossare i pantaloni, con l’assunzione poterono rompere con la tradizione. Da parte dell’azienda, inoltre, ci fu un’apertura nei confronti delle donne, mandate a Milano per frequentare corsi d’informatica e, a Roma, per altri corsi di formazione, favorendo così il confronto con altre realtà lavorative e la conoscenza dei sistemi tecnologici ancora sconosciuti in Sardegna.
La classe operaia di Ottana era sensibile alle problematiche del territorio, organizzando numerosi gli incontri con gli studenti nelle assemblee d’istituto, durante le lotte per i trasporti, la difesa dei posti di lavoro, lo sviluppo dell’occupazione oppure quando c’erano state le serrate da parte aziendale, con manifestazioni molto partecipate a Nuoro e Cagliari in occasione degli scioperi generali. Non mancarono, infine, momenti epocali all’interno della fabbrica, come la visita del leader del PCI Enrico Berlinguer, che si trattenne nella mensa operaia per condividere il pasto con gli operai e discutere con loro come un loro compagno, e successivamente la visita del sindacalista Sergio Cofferati.
LA CRISI DELL’INDUSTRIA – Con la crisi dell’industria arriva un’altra azienda la Polly Legher: è in questa fase l’Amministrazione Comunale chiede che siano occupati i circa 300 operai ancora operativi nell’ex fabbrica chimica. Poi tutta una storia di declino: se all’inizio in 400 ettari erano occupati 4000 lavoratori oggi a Ottana in 300 ettari il numero degli occupati è di appena dieci.
Quale alternativa c’era all’industria chimica? La possibilità era la creazione di micro imprese basate sullo sviluppo delle risorse locali, ma le scelte economiche dipendevano dallo sviluppo industriale, questo ha rappresentato una risorsa economica per la Sardegna con 25000 buste paga. Occorre una riflessione sul futuro del territorio in Sardegna e sul futuro di voi giovani è stato l’invito rivolto dai relatori.