NUORO – Con la morte di monsignor Salvatore Floris, avvenuta la mattina del 27 settembre scorso, Nuoro si è svegliata orfana di un suo illustre cittadino, che ha dato lustro e prestigio alla città e alla sua diocesi, diocesi che ha umilmente servito con profondo spirito di fede e grande impegno umano e in campo sociale per oltre settanta anni.
CHI ERA DON FLORIS – Nato a Sarule il 12 agosto del 1930, il “mitico” don Floris era ormai diventato nuorese a tutti gli effetti, avendo dedicato gran parte della sua lunga missione religiosa al capoluogo barbaricino. Una missione la sua iniziata il 5 luglio 1953 quando, dopo l’ordinazione sacerdotale ricevuta da monsignor Giuseppe Melas, fu nominato direttore del Convitto vescovile maschile e vice parroco della cattedrale di S. Maria della Neve, carica che mantenne fino al 1962. Ma fu sopratutto nella parrocchia di Nostra Signora del Rosario, nel “suo” rione di Santu Predu, di cui per 38 anni (1962 – 2000) è stato guida sicura e parroco amatissimo, che diede il massimo del suo ministero. Fu qui, infatti, che il dinamico sacerdote gettò le basi per intraprendere un cammino comunitario dai risultati sorprendenti. Sin da subito, il giovane parroco puntò decisamente sul coinvolgimento pastorale non solo degli adulti ma anche dei giovani, sopratutto con la fondazione del Circolo “Vittorio Bachelet” che, grazie all’allora fedele collaboratore don Giuseppe Mattana, divenne una valida struttura aggregante per tutto il quartiere.
L’ESORCISTA – E riguardo il suo costante impegno nella cura di anime, l’infaticabile don Floris divenne sempre più un saldo punto di riferimento in tutto il nuorese. Negli ultimi anni di vita, spesso raccontava della sua lunga esperienza di esorcista ufficiale della diocesi di Nuoro, una vocazione, quella di “salvare le anime” – ricordava – maturata nel tempo quando, fin da ragazzo, nella sua Sarule assisteva (senza essere visto) ai riti di esorcismo praticati dal suo vecchio parroco, pride Pirisi (don Giovanni Pirisi, Sarule 1875 – 1955). Nei suoi racconti relativi ai casi di esorcismo più difficili, ne ricordava uno in particolare, in cui rischiò anche la vita, avvenuto in piena notte a Nuoro nella chiesa del Rosario, quando fu brutalmente aggredito da una persona sottoposta al rito esorcistico, che stringendogli con forza la stola al collo tentò di strangolarlo.
IL BANDITISMO – Riguardo i suoi interventi per salvare il corpo, il vecchio parroco, dalle nebbie del passato faceva affiorare alla memoria anche gli anni più bui del banditismo in Barbagia, anni difficili che lo videro coraggioso protagonista nella veste emissario in vari sequestri di persona, alcuni dei quali non facili. Nel 1985, ad esempio, durante il sequestro dell’industriale Gigino Devoto, caso rivelatosi assai difficile per l’estenuante braccio di ferro tra la famiglia del rapito e i rapitori, e in cui il sacerdote arrivò a rischiare la vita per un’imboscata subita in piazza, oltre all’attentato dinamitardo ai danni della sua abitazione subito tre giorni dopo.
IL SOCIALE – In una parrocchia costituita prevalentemente da operai, impiegati e artigiani, deciso e determinato fu l’impegno socio-economico dell’intraprendente don Floris nei confronti di parrocchiani e famiglie in difficoltà. Una triste realtà in cui, da parroco, intervenne senza alcun protagonismo e spesso nel più completo riserbo: “Bisogna curare le anime ma anche i corpi” amava ripetere. Riguardo agli interventi per aiutare la persona umana, è impossibile non citare l’impegno e il supporto che, da padre spirituale premuroso, profuse col grande impegno nei confronti del’A.M.O. (Associazione Malati Oncologici), grazie anche alla disponibilità di Maria Gambioli Zanol e, su proposta della dottoressa Gianfranca Piredda, per la costituzione dell’“Associazione a difesa del malato”, associazione, che grazie all’indicazione dello stesso don Floris fu stata dotata di una sua sede in via Ballero 87, oggi casa “Casa di accoglienza per malati e loro famigliari”.
IL CASO VALVERDE – La vecchiaia tuttavia non gli risparmiò anche delle tristezze, specialmente negli ultimi anni, come per la vicenda riguardante la chiesa di N. S. di Valverde, che lo portò a dichiararsi sconcertato e amareggiato per l’inspiegabile e assurda presa di posizione della Curia vescovile nuorese (episcopati Marcìa e Mura – n.d.a) nel vietare le celebrazioni religiose nella seicentesca chiesetta a lui particolarmente cara, in quanto sotto la sua giurisdizione durante gli anni in cui fu parroco di N. S. del Rosario; anni in cui non non mancò mai di celebrare la tradizionale novena tanto cara ai nuoresi, che culminava l’otto settembre con la celebrazione della Santa messa alla presenza dei numerosi fedeli che accorrevano dalla città e dai centri vicini. Rimase amareggiato anche per il disorientamento percepito dai fedeli e, sopratutto, per non aver potuto mantenere l’impegno di tenere viva la fede nella Balubirde, tanto cara alla memoria del suo carissimo e indimenticato amico (e quasi coetaneo) monsignor Ottorino Alberti, che tanto gliela aveva raccomandata. Si disse allora che le celebrazioni religiose fossero state sospese per la carenza di sacerdoti: «Sono ormai vecchio, ho quasi novant’anni – rispose allora don Floris amareggiato e allargando le braccia – , ma come sacerdote andrei volentieri a celebrare ugualmente a Valverde, purtroppo è la stessa Chiesa a vietarmelo, bisogna prenderne atto!». Questo era don Floris, che rimarrà sempre nel cuore dei nuoresi.
IL TRIGESIMO – La figura di monsignor Floris sarà ricordata nel corso di una Santa messa che verrà celebrata domenica 27 ottobre, alle ore 10,00, nella chiesa di N. S. del Rosario
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