IL MOSTRO DI OTTANA – “Un ecomostro”… “Una struttura al cui interno c’è del materiale altamente pericoloso e inquinante”… “Quell’enorme pallone può esplodere”… Tante le ipotesi sentite (e anche scritte) di recente su quello che da lontano sembrerebbe essere un enorme dirigibile sorto dal nulla nella piana di Ottana, nell’area occupata in precedenza da vecchio deposito di materiale chimico, bonificato ad hoc dagli artefici dell’opera. Opera che in realtà non è nient’altro che un enorme accumulatore di energia elettrica su larga scala, funzionante tramite la compressione e il rilascio di un gas inerte e (a differenza dell’idrogeno di cui erano pieni i dirigibili) non infiammabile: l’anidride carbonica (Co2).
NEL CUORE DEL DOME – Tanto rumore per nulla si potrebbe dire, ma bastava semplicemente bussare alle porte dell’Energydome, la società ideatrice della tecnologia nonché responsabile del progetto e avere tutti i chiarimenti del caso e noi questo abbiamo fatto.
L’area è immensa, e una volta dentro, l’impressione è quella di essere davvero dentro a un gigantesco dirigibile. In realtà si tratta di una tecnologia all’avanguardia volta alla razionalizzazione dell’utilizzo dell’energia elettrica esistente (nell’impianto non si produce energia ma si stocca energia), alla decarbonizzazione del territorio, in linea con il concetto della transizione energetica, e del progressivo abbandono delle fonti fossili, come il carbone, allo scopo di azzerare le emissioni e abbassare i costi dell’energia. Perché, dunque, tanto clamore per un progetto tecnologico che utilizza l’energia già disponibile nella rete elettrica esistente per creare grandi sistemi di accumulo che, a seconda delle esigenze del mercato, possono essere rimessi rapidamente in rete e su scala globale. Tanto è stato detto e scritto su questo impianto.
Costruito in pvc rinforzato e retto da una reticolo di tiranti metallici ancorati a terra – come ci ha spiegato l’ingegnere Francesco Oppici, co-fondatore di Energydome – il Dome al momento è pieno di semplice aria, convogliata al suo interno da quattro grandi compressori; qui, a breve, sarà installata una secondo serbatoio gonfiabile, che sarà riempito di anidride carbonica, che sarà il vero cuore pulsante dell’intero progetto. Oltre tutto si tratta di una struttura che, una volta terminato il proprio ciclo di vita, potrà essere semplicemente sgonfiata e portata via per essere opportunamente smaltita.
Ad accompagnarci in questo viaggio la segretaria provinciale del partito Socialista nuorese Monica Carta, che ha difeso l’opera avvalorando il suo contributo ambientale e la sua effettiva funzionalità: «La batteria green sarà in grado di immagazzinare energia e restituirla alla rete riducendone i costi, con la capacità di alimentare almeno l’equivalente di 14-16mila famiglie. Senza dimenticare che l’impianto darà un beneficio anche economico: sono in essere oltre 100 assunzioni, la maggioranza maestranze locali e sono già sei le aziende sarde coinvolte, con un indotto totale generato per il territorio di decine di milioni di euro». Attualmente all’interno dell’impianto ci sono già diversi ingegneri provenienti da tutta l’Italia e dal mondo, che si confrontano quotidianamente e seguono l’evolversi del progetti fino al suo completamento, previsto per la fine del 2025.
IL PROGETTO – Dal prossimo anno, dopo il collaudo, il Dome sarà in grado di operare su ampia scala. Ma come funziona il sistema? A spiegarlo è ancora una volta l’ingegner Oppici: «Questo di Ottana è il progetto pilota di una batteria Co2 costruita su scala completa, capace di accumulare 20 MWh per 10 ore. Noi qui dentro stoccheremo energia, comprimendo la Co2 dal suo stato gassoso al suo stato liquido nella fase di carica per poi espanderlo nuovamente dallo stato liquido allo stato gassoso nella fase di scarica, cioè quando la batteria svolgerà il suo servizio di rialimentare la rete. In questo modo l’anidride carbonica viene riconvertita in gas e utilizzata per azionare una turbina, rilasciando l’energia nella rete in un sistema a circuito chiuso e a emissioni zero. Sostanzialmente lo scopo è quello di restituirlo alla rete elettrica sarda e nazionale in un ottica di flessibilità». È chiaro che la batteria a CO2 potrebbe assumere un ruolo chiave nell’ambito della transizione verso un sistema energetico a zero emissioni nette. Infatti, il nuovo sistema di accumulo a lunga durata di Energydome sarà utilizzato per immagazzinare energia di qualunque tipo disponibile in rete, compresa l’eolica e quella solare, quando sarà prodotta in eccesso, così da rendere queste fonti disponibili con continuità lungo tutto l’arco della giornata, anche di notte o quando il vento non raggiunge una velocità sufficiente.
Con i pesanti pianti di pompaggio (due dighe collegate a livelli diversi per fare salire e scendere acqua a seconda che si tratta di immagazzinare o produrre energia) il tasso è dell ‘80% cioè metti 100 di energia per portarla su e ottieni 80 quando scende giù producendo energia.. questo sistema .. che resa ha?