Gavino Gallisai-Serra: un mazziniano nella Nuoro del secondo Ottocento. Venerdì 20 settembre lo ricordano i Mazziniani nuoresi

Salvatore

Gavino Gallisai-Serra: un mazziniano nella Nuoro del secondo Ottocento. Venerdì 20 settembre lo ricordano i Mazziniani nuoresi

mercoledì 18 Settembre 2024 - 11:47
Gavino Gallisai-Serra: un mazziniano nella Nuoro del secondo Ottocento. Venerdì 20 settembre lo ricordano i Mazziniani nuoresi

Organizzato dalla sezione di Nuoro “Giorgio Asproni” dell’A.M.I. (Associazione Mazziniana Italiana) nella sala conferenze dello storico Bar Cambosu in piazza Vittorio Emanuele, venerdì 20 settembre alle 18,30 si terrà una manifestazione in occasione della ricorrenza storica della Breccia di Porta Pia. L’incontro è rivolto anche alle scuole e a tutti i cittadini interessati.

Il presidente dell’Associazione Mazziniana Italiana Annico Pau, dopo aver ricordato il valore storico dell’evento che portava a compimento il disegno mazziniano e risorgimentale della formazione di un’Italia laica e democratica, terrà una conversazione sul tema: “Un mazziniano nella Nuoro del secondo Ottocento: Gavino Gallisai-Serra”.

Gavino Gallisai-Serra (il don Missente immortalato nelle pagine del Giorno del Giudizio dalla penna di Salvatore Satta) è stato, al contrario della nomea corrente, un importante personaggio per lo sviluppo e la crescita di questa città. Imprenditore, sindaco di Nuoro, libero pensatore, mazziniano e repubblicano, amico e seguace di Giuseppe Garibaldi e, da quello che si apprende dall’orazione funebre che ebbe a leggere, corpori presenti nel cimitero di Sa ‘e Manca, il suo sodale maestro Francesco Ganga (noto Mastru Predischedda), in ottime relazioni con personaggi quali Giosuè Carducci, Felice Cavallotti, Aurelio Saffi, Quirico Filoppanti, Ugo Bassi e Fra Pantaleo, solo per citarne alcuni.

Nel corso della manifestazione l’attore Tonino Mesina declamerà l’orazione del Maestro Ganga e la “parlata” di Menotti Gallisai (figlio di Gavino) ai diseredati di Santu Predu e di Seuna, liberamente reinterpretata dalla penna di Gavino Pau. A cura dell’Associazione Mazziniana Italiana, verrà messa a disposizione copia del manoscritto con l’orazione funebre dedicata Gallisai da Francesco Ganga, che di seguito pubblichiamo nella sua versione integrale:

A Don Gavino Gallisai-Serra 1824 – 4 maggio 1918. Oggi allo spuntar dell’alba tramontava serenamente una simpatica e cara figura, ricordando gli amici, i parenti ed i nipoti superstiti lontani, alla bella età di anni 94 il nobile Gavino Gallisai-Serra. Dico nipoti superstiti perché la falce imperdonabile della morte lo afflisse della più terribile delle pene: la perdita di quattro figlie alle cui tombe, in questo sacro recinto, si ispirava la musa del nuorese R. Ispettore scolastico Giuseppe Floris. La dolorosa perdita poi della figlia Anita e dei nipoti afflissero la sua vecchiaia tanto che io ebbi a sentire in una recente visita da lui: “Ma perché Dio non ha tolto me?” Si piange oggi più che mai davanti a tombe aperte anzi tempo per fatti ineluttabili del destino, ma si piange purtroppo davanti ad una tomba che rinchiude per sempre chi amò, visse e pianse col popolo, con gli amici e per gli amici. Il martirio della sua fida compagna, sopportato con cristiana rassegnazione lo afflisse e gli aumentò le pene della vecchiaia. Quercia abbattuta da fiere tempeste e ambasce oggi cade quasi secolare, lasciando di se largo ricordo di disinteresse e di bontà. Forte, austero e fermo come le masse granitiche dei nostri monti tutto vi provò portando fino agli ultimi istanti di vita rigogliosa mente lucida e serena.
Fu sempre amante di verità, delle cause giuste e sante, amò il prossimo e come precipuo dovere sociale e ideale del suo nobile cuore beneficiò, traendo l’esempio dal suo magnanimo e munifico avolo, i poveri.
Fu il primo ad introdurre a Nuoro la coltivazione razionale e l’allevamento del bestiame sempre col pensiero di migliorare le sorti del paese. Fu appassionato della musica e mecenate per quanto poté di ingegni scomparsi […] [Su incarico] del ministro Lanza, istituì nel circondario, prestando la sua opera, gratuitamente, ardita e coraggiosa, una squadriglia di 40 uomini per la repressione del malandrinaggio. Riuscì nell’intento propostosi e non badando a pericoli fu soddisfatto di aver lavato l’onta che a quei tempi gravava sul povero paese. Rinunciò sempre alle proposte onorificenze del governo, sicuro nella sua fede che il guiderdone migliore era quello tributatogli dalla propria coscienza. Garibaldi lo aveva quale intimo amico e da un autografo che la famiglia conserva appare la stima che il Grande aveva di lui. Dichiarandolo suo intimo lo presentava verso il ’76 agli amici di Ginevra. Carducci, Cavallotti, Saffi e Filoppanti non disdegnarono di rivolgergli delle lettere autografe, per far trionfare in Sardegna la causa della Democrazia. Conobbe da vicino Ugo Bassi e Fra Pantaleo. Viaggiò molto e quantunque non avesse percorso carriera deli studi riuscì a ottenere, vuoi per atavismo, vuoi per lo studio che egli soleva fare dei grandi caratteri, una perfetta signorilità. Era un signore in tutta l’estensione della parola. Oggi è giunta la giornata fatale per lui scoccò!
Chiniamoci riverenti alla sua tomba e imploriamo per lui il riposo eterno che da diversi anni egli stesso implorava stanco delle delusioni della vita piena di ambasce, di pene e di delusioni.

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