NUORO – Del tutto insensibile alle numerose proteste rimaste inascoltate fino a oggi, alla valanga di oltre cinquemila firme presentate negli anni 2017 – 2019 dai nuoresi, il monsignor Mura entra a “gamba tesa” dando seguito ai lavori di “adeguamento liturgico”, un progetto portato avanti nella più totale assenza di dialogo da parte di chi predica a favore della legalità e della trasparenza.
Per fare luce sulla vicenda abbiamo chiesto al giornalista e cultore di storia locale, Michele Pintore (che nella fase delle precedenti proteste ricoprì il ruolo di portavoce del comitato popolare cittadino) il motivo per cui si è giunti a questo punto di “non dialogo”.
Pintore, è proprio il caso di dirlo: “tanto tuonò che alla fine piovve”. Dopo sette anni la Curia vescovile nuorese è dunque riuscita a mettere in atto il contestato “progetto Ziranu” (APPROFONDISCI), bocciato dai cittadini con oltre cinquemila sottoscrizioni. Come mai questa volta non c’è stata alcuna mobilitazione da parte del comitato cittadino, eravate rassegnati? – Certo, nel 2017 l’allora vescovo Marcia aveva annunciato trionfalmente e con largo anticipo sul giornale della curia “L’Ortobene” la decisione di realizzare il “progetto Ziranu”; ci fu da subito, allora, il tempo di organizzare una nutrita assemblea popolare che davanti a vescovo e progettista bocciò senza mezzi termini il progetto . Seguì una raccolta di firme, che raggiunse oltre le cinquemila sottoscrizioni. Così si sventò il pericolo. Questa volta, invece, il monsignor Mura ha messo in atto “l’effetto sorpresa”, e senza fare troppa pubblicità (neppure sul settimanale diocesano – se non qualche giorno prima di entrare in azione) ha messo tutti davanti al fatto compito. Questo è il dialogo della Chiesa nuorese!
Ma in tutti questi anni c’è stato un dialogo tra il comitato popolare e il Vescovo? – No, nel modo più assoluto! Il 17 febbraio 2017, come comitato popolare cittadino convocammo un’assemblea pubblica alla presenza del vescovo e del progettista Ziranu. Fu una riunione dai toni molto accesi, in cui vescovo e progettista presero atto di una bocciatura totale del primo progetto. Il progetto fu totalmente contestato (con argomentazioni dettagliate e supportate da documentazioni) da parte di ingegneri, architetti, critico dell’arte, comitati popolari e semplici cittadini. Di particolare rilievo fu l’intervento mirato del FAI (Fondo Italiano Ambiente), che intervenne tramite una dichiarazione super partes dell’architetto Franco Masala (docente di Storia dell’Arte e autore di numerose pubblicazioni sull’architettura in Sardegna), che senza mezzi termini definì il progetto Ziranu: «Un progetto non coerente con la struttura originaria della chiesa…» raccomandando, circa le norme di adeguamento: «Che il progetto dovrà avvalersi dei suggerimenti dei fedeli (norme CEI, capitolo 56, pagina 187); tali suggerimenti – aggiungeva l’architetto Masala – sono preziosi, perché provengono da chi conosce l’ambiente e può valutare più attentamente l’adeguamento)». Un altro tentativo per portare il vescovo Marcìa al dialogo ci fu nel 2018 quando, nel pieno della contestazione, intervenne anche l’allora Sostituto alla Segreteria di Stato vaticana, arcivescovo monsignor Angelo Becciu – che mi contattò per portare tutti a “moderare i toni” e sopratutto con l’invito a dialogare.
E lei che cosa rispose? – Risposi semplicemente ringraziandolo per l’intervento ma precisando che: “Il vescovo Marcìa non sa neppure che cosa vuole dire la parola dialogo”. Si arrivò così al 2019, quando finalmente si pose fine ai lavori, realizzando la messa in opera dell’antico altare progettato da Galfrè del 1849, lasciando quindi la mensa liturgica post conciliare esistente (realizzata secondo le direttive indicate dal Concilio, e simile a tante mense ancora presenti nelle chiese della Sardegna – vedi ad esempio la Cattedrale di San Nicola a Sassari).
Quindi allora arrivaste a una soluzione che metteva tutti d’accordo? – Certamente, o almeno così pareva. Intanto, sospettando che l’avvenuto riposizionamento dell’antico altare del Galfrè nel febbraio 2019, in posizione molto più distante di quella originale potesse far pensare a “futuri progetti” (come puntualmente si è verificato recentemente – 3 luglio 2024 ), rilasciammo il 3 febbraio 2019 la seguente dichiarazione alla stampa: «Come Comitato popolare, chiediamo perciò che qualsiasi decisione venga presa in seguito, così come previsto dalle norme CEI, sia condivisa con noi e con tutta la città». Come vede, a pensar male qualche volta ci si azzecca!
E con il nuovo vescovo mons. Antonello Mura cambiò la situazione? – Certo, ma cambiò in peggio. Il nuovo vescovo, che dal 2019 al 2024 ha lasciato che si calmassero le acque (e gli animi) poi è entrato in azione all’improvviso a “gamba tesa”, in poche parole “scorrettamente”. Certo che, visti i difficili rapporti con il suo predecessore, ci saremo aspettati una maggiore apertura, da parte di un Pastore che il giorno della sua solenne presa di possesso della Cattedra nuorese, la sera del 15 del 2019 settembre del 2019 ha pubblicamente espresso le parole : « [Nuoresi] dico a me e a voi: facciamo insieme lavoro di squadra …». Ogni commento mi pare superfluo.
Ma neppure col vescovo Mura, dunque, c’è stato un tentativo di dialogo – Senta, a proposito di dialogo voglio portare a conoscenza un fatto inedito che è accaduto tre anni fa. Verso i primi giorni di febbraio del 2021, sono stato convocato a colloquio da monsignor Mura. Sinceramente avrei sperato in un inizio di dialogo con i cittadini, invece mi mostrò un nuovo progetto per l’adeguamento dell’altare della cattedrale. Sconcertato gli feci presente che:“ Questo progetto, Monsignore, non deve presentarlo a me, che sono un privato cittadino, ma dovrebbe presentarlo ai cittadini nuoresi, ai fedeli della Diocesi, i mezzi e i modi li conosce” (bacheca all’ingresso della cattedrale, conferenza stampa, radio e settimanale diocesano ecc.). Dell’incontro confidenziale, per il quieto vivere, non feci pubblica divulgazione accennandone solo privatamente (per essere pronti a ogni evenienza, vista l’esperienza degli anni precedenti) con i responsabili del FAI, col comitato popolare e con l’associazione “Nugoro Eris e Oje”. Pronta fu risposta del vescovo, che il 18 febbraio 2021 mi scrisse dichiarandosi molto sorpreso per il fatto che io avessi accennato ad altri, al fatto che ci fosse un progetto in corso. Praticamente cercava in tutti i modi di nascondere l’evidenza dei fatti, aggiungendo, inoltre: «Quando un vescovo decide di parlare è perché è arrivato il momento di farlo e, in quel momento, non solo con lei [Michele Pintore]».
Mi sembra una giusta risposta, non le pare? – Giustissima, certo che a me non doveva nessuna risposta, ma resta il fatto che non ci risulta che il vescovo in seguito abbia dato alcuna risposta ufficiale ai nuoresi o forse non ce ne siamo accorti. In tal caso lo preghiamo di farci sapere quando questo è avvenuto. Così i nuoresi il 3 luglio 2024, si sono trovati davanti al fatto compiuto. E come se non bastasse, continuando la sua linea del “non dialogo”, il Vescovo sfida i nuoresi annunciano nuovi lavori di “adeguamenti liturgici”. A breve, infatti, assisteremo alla realizzazione di una nuova sede (trono episcopale) e all’adeguamento dell’ambone. Triste epilogo di una storia mandata avanti da sette anni con imposizioni calate dall’alto, senza alcun dialogo, con grande spreco di risorse da parte di una Chiesa che (come ci ricorda sempre papa Francesco), impegnata tutti i giorni a combattere contro la povertà e la fame nel mondo. Tutto questo, mentre la chiesa cattedrale continua a svuotarsi di fedeli. Qui si portano avanti lavori non richiesti e progettati senza sentire il parere di un democratico “concorso di idee” e realizzati da un’impresa che “risulterebbe” riconducibile per via di parentela, con l’ex vescovo Marcia (anche per il restauro dell’Episcopio). Un tempo questo si chiamava “nepotismo”.
Ma Pintore si rende conto, questa è un’accusa – Forse mi sbaglio ma c’è rimedio a tutto. Invito allora il vescovo monsignor Mura a chiedere al suo predecessore monsignor Marcia, se esiste un legame di parentela tra lui e l’impresa esecutrice dei lavori; così finalmente si potrà fare chiarezza, tutto qui! L’argomento, intanto, ha risvegliato nei poeti nuoresi (purtroppo rimasti anonimi) la vena della satira in versi: “Chin sos piscamos nugoresos non b’at’appellu, ca imprean semper su matessi pesu, innantis chin Mosè su maurreddinu, commo chi Antoneddu su bortigalesu.