“È costituzionalmente illegittima la norma della Regione Sardegna che, riproducendo il contenuto di altra già dichiarata incostituzionale, reintroduce la facoltà di ricostruire sulla fascia costiera un edificio demolito senza conservarne la conformazione e l’ubicazione”. È quanto afferma la Corte costituzionale, con la sentenza 151, su ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, dichiarando così l’illegittimità costituzionale dell’art. 130 della legge regionale della Sardegna n. 9 del 2023, nella parte in cui ha reintrodotto la possibilità di demolire e ricostruire i fabbricati siti nella fascia di trecento metri dalla linea di battigia marina anche senza conservarne la conformazione, l’ubicazione e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche originarie. “La disposizione regionale, riproducendo, nella sostanza, un’analoga norma dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Consulta n. 24 del 2022, realizza la violazione di uno specifico giudicato costituzionale in contrasto con l’art. 136 Cost. La Regione non può attribuire alle province e alle città metropolitane il suo potere di sostituzione del comune nello svolgimento, in via suppletiva, della bonifica dei siti contaminati”.
Con la medesima sentenza la Corte ha dichiarato illegittima, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, anche la previsione, contenuta nell’art. 75 della stessa legge regionale, che ha conferito alle province e alle città metropolitane il potere, riservato alla Regione dall’art. 250 cod. ambiente, di sostituzione del comune che non esegua, in via suppletiva, gli interventi di bonifica previsti dall’art. 242 dello stesso codice, ove il responsabile della contaminazione sia inadempiente o non sia individuabile e neppure il proprietario del sito e gli altri soggetti interessati effettuino le operazioni necessarie al ripristino ambientale. La Corte ha osservato che “tale funzione sostitutiva non figura tra le competenze regionali in materia di bonifica di cui il legislatore statale, all’art. 22 del d.l. n. 104 del 2023, come convertito, ha autorizzato l’allocazione presso gli enti locali. Nè la delegabilità di tale attribuzione può ritenersi implicitamente ammessa dalla citata fonte statale, in quanto il potere sostitutivo in questione si differenzia dalle funzioni regionali – di approvazione e di controllo delle attività di bonifica dovute dal responsabile della contaminazione – di cui è espressamente consentito il subconferimento, perchè ha ad oggetto l’esecuzione diretta, in luogo del comune, degli stessi interventi di messa in sicurezza, di indagine conoscitiva e di ripristino ambientale ai quali il soggetto inquinatore si è sottratto”.
È conforme a Costituzione, invece, la norma della legge regionale sarda che attribuisce ai comuni, alle province e alle città metropolitane le funzioni amministrative regionali in materia di procedimento di bonifica dei siti di ridotte dimensioni. “Sono state dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dello stesso art. 75 nella parte in cui dispone che le funzioni e i compiti amministrativi regionali inerenti al procedimento di bonifica per i siti di ridotte dimensioni di cui all’art. 249 cod. ambiente sono attribuiti ai comuni, alle province e alle città metropolitane”. Secondo la Corte, detta disposizione “non invade, come ritenuto dal Presidente del Consiglio dei ministri, la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ambiente, perchè rinviene una sia pure implicita legittimazione in una fonte statale, quale è il d.l. n. 104 del 2023, come convertito”. L’art. 22 di tale decreto-legge consente, infatti, alla regione di delegare agli enti locali le proprie competenze inerenti al più articolato procedimento di bonifica ordinario di cui all’art. 242 cod. ambiente, nonchè quelle dalla stessa esercitate nella procedura semplificata prevista dall’art. 242-bis cod. ambiente, di cui il procedimento di bonifica per i siti di ridotte dimensioni costituisce una species.
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