È successo in una scuola della provincia di Milano. La madre dell’alunna, amareggiata per l’accaduto, ha dichiarato ad alcuni giornali nazioanli: “I pantaloncini da basket indossati da mia figlia arrivavano al massimo tre dita sopra il ginocchio, non a metà coscia, e non erano attillati. Quando ho letto la mortificazione sul suo volto ho capito che non potevo lasciare passare un messaggio così negativo.”
La donna ha informato le rappresentanti di classe ed ha scritto una lettera alla preside chiedendo maggiore tolleranza nel richiedere il cambio d’abito agli studenti. “Siamo d’accordo che a scuola si debba avere un abbigliamento consono, ma crediamo anche che si debba agire con buonsenso. Nel regolamento c’è scritto che gli studenti devono presentarsi con abbigliamento adeguato, senza altri dettagli.”
La preside ha spiegato che i professori avevano ampiamente condiviso con gli alunni le linee guida su un abbigliamento scolastico appropriato, nel quale i pantaloncini da basket non rientravano. Precisando che: «L’alunna non è mai stata esclusa dalle lezioni, né allontanata da scuola o tantomeno punita — precisa la preside —. Tra l’altro, essendosi presentata il giorno successivo con lo stesso abbigliamento, gli insegnanti hanno colto l’occasione per un confronto in classe, discutendo con gli alunni e confrontandosi con loro su cosa reputano e intendano come abbigliamento adeguato. Se la madre, chiamata al telefono, avesse detto che non poteva portare un cambio, avremmo tenuto la ragazza in classe con molta serenità. Qui non si mortifica nessuno. Noi accompagniamo gli studenti nel comprendere che esistono regole, a scuola come nella società in cui viviamo ogni giorno, e che è importante rispettarle, anche se non le si condivide»