“San Francesco è la festa campestre più caratteristica. Posta tra i villaggi di Lula, Orune, Bitti e la città di Nuoro, gli abitanti di tutti questi luoghi se ne disputano il possesso spirituale.
Dicono i nuoresi: «San Francesco è nostro». «No – rispondono gli altri – è nostro».
Fatto sta che i priori ed il cappellano sono nuoresi. Le famiglie nuoresi che si recano a novenare, concorrono ciascuna per una quantità di grano. Con la farina che se ne estrae si fanno i maccheroni, la minestra e il filindeu, di cui ciascuno approfitta. Sono chiamati i ‘maccheroni di San Francesco’ o il ‘filindeu di San Francesco’.
Tutto viene benedetto, e San Francesco si offende se qualche visitatore si rifiuta di assaggiare i suoi maccheroni o il suo filindeu. Vicino alla chiesa c’è, a proposito un precipizio chiamato il ‘fosso della sposa’. La leggenda dice che una sposa nuorese recatasi alla festa di San Francesco non solo non volle mangiare del filindeu benedetto, ma lo derise come cosa schifosa. Al ritorno precipitò da cavallo e cadde nel dirupo, che poi prese il suo nome.
Al ritorno tutti i novenanti di San Francesco – in maggio – rientrano a Nuoro in processione. Precede il cappellano e il priore che tiene lo stendardo. Appena rientrano nell’abitato la campana del Rosario squilla come se si trattasse davvero di una processione…
Arrivati a questa chiesa i novenanti, tutti a cavallo, con le donne in groppa e i bambini sul davanti della sella, galoppano tre volte in giro, poi si spartiscono ed ognuno ritorna a casa sua, con le bisaccie piene di torroni e di confetti e con lo spirito pieno di entusiasmo e di fede”.
Così, una Grazia Deledda poco più che ventenne descrive la festa di San Francesco e il rientro dei cavalieri a Nuoro, nei suoi racconti intitolati “Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna”, pubblicati tra il 1893 e il 1895 sulla Rivista delle tradizioni popolari italiane, diretta da Angelo De Gubernatis.
LE IMMAGINI, di Salvatore Novellu
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