Ormai è scontro tra RAI e il sindacato Usigrai in relazione allo sciopero proclamato dal sindacato dei giornalisti della televisione pubblica per protestare contro le scelte aziendali sul fronte della gestione del personale e per rivendicare la propria autonomia e libertà di fronte ai “tentativi di censura”.
A inasprire il confronto sono i video diffusi sulle reti Rai con le ragioni della protesta e la replica di viale Mazzini che accusa la controparte di diffondere “fake news“, facendo così insorgere non solo la stessa Usigrai, ma anche l’opposizione.
Nel video il sindacato attacca le scelte aziendali “che accorpa testate senza discuterne, non sostituisce coloro che vanno in pensione e in maternità facendo ricadere i carichi di lavoro su chi resta, senza una selezione pubblica e senza stabilizzare i precari, taglia la retribuzione cancellando unilateralmente il premio di risultato”. Poi cita il “tentativo di censurare” il monologo di Antonio Scurati sul 25 Aprile. “Preferiamo perdere uno o più giorni di paga – si dice nel comunicato -, che perdere la nostra libertà“.
L’azienda replica che “la decisione di scioperare su motivazioni che nulla hanno a che vedere con i diritti dei lavoratori si inquadra in motivazioni ideologiche e politiche”. “Alcuna censura o bavaglio è stato messo sull’informazione”, prosegue Viale Mazzini, invitando l’Usigrai “a cessare di promuovere fake news che generano danno all’immagine dell’azienda”.
Quindi l’affondo sulle rivendicazioni economiche, basato sull’impossibilità “nell’attuale quadro economico di aprire nuovi concorsi pubblici per nuove assunzioni giornalistiche a fronte di un organico di oltre 2.000 unità mentre si rendono invece necessari processi di ottimizzazione che consentano di valorizzare l’organico esistente”. “L’azienda replica con toni da padroni delle ferriere – ribatte quindi il sindacato -. Quando non si hanno contenuti , la si butta sull’accusa stantia di fare politica e di far circolare fake news, un’accusa gravissima nei confronti di tutti i giornalisti e le giornaliste della Rai, che punta a screditare un’intera categoria”.