La politica industriale scellerata a Ottana oggi si ripercuote sulla popolazione con tumori e inquinamento ambientale

OTTANA-   Un dibattito intenso e esaustivo quello avvenuto venerdì scorso alla biblioteca Satta di Nuoro dove al centro c’era la politica industriale scellerata a Ottana con ripercussioni negative a livello ambientale e sanitario. Ad aprire il confronto fra i relatori la proiezione del docu- film del regista nuorese Antonio Sanna: una sequenza di immagini di ciò che resta nel polo industriale con testimonianze di chi  ha vissuto quel periodo sia semplici cittadini che rappresentanti istituzionali. È stato posto l’accento sul fatto che molti ex operai ma anche giovani dopo l’era industriale hanno  aperto attività imprenditoriali sfruttando le risorse locali anche chi in un primo periodo era emigrato è tornato nel territorio per realizzare le proprie aspirazioni.

I TUMORI-    La tematica più importante che è stata affrontata è stata quella da parte di Domenico Scanu dell’ISDE (Associazione Medici Ambiente) che ha sottolineato come nel distretto  sanitario di Nuoro c’è un’alta mortalità dovuta ai tumori che colpisce prevalentemente la popolazione maschile.  Il 49% dei tumori si sviluppa nell’area di Ottana  un numero che può essere anche più alto se si considera che tanti non sono stati nemmeno certificati.

Il Convegno su Ottana (foto Nieddu)

LA STORIA INDUSTRIALE -L’ex sindaco e operaio Giampaolo Marras ha ripercorso la storia industriale del paese sottolineando che la fabbrica all’epoca era stata vista come un’opportunità per affrontare un malessere sociale che sfociava in atti  criminosi e nel banditismo. I primi segnali del crollo dell’utopia di quel tipo di produzione venne avvertita già negli anni ’80.    Le promesse mai realizzate di un progetto che non solo non ha risolto il problema dell’occupazione– negli anni si sono susseguiti migliaia di licenziamenti- ma che ha inquinato e avvelenato l’ambiente circostante, a partire dal fiume Tirso che attraversa la piana. Bisogna tornare indietro negli anni ’60 con il contrasto del boom economico del Nord Italia e  la grave situazione che si sta verificando  nel Mezzogiorno, attanagliato tra disoccupazione e spopolamento. Non fa eccezione la Sardegna, dove, oltre a una migrazione sempre più massiccia, si registra una recrudescenza del banditismo, in particolare con attività legate alle rapine e al sequestro di persone, soprattutto nelle aree interne.  Nelle campagne dell’Isola inizia una massiccia  protesta, spinta anche dal clima politico che si respira in quegli anni. In questo quadro si inserisce la commissione parlamentare di inchiesta sul banditismo in Sardegna, presieduta dal senatore Giuseppe Medici, che trova nelle condizioni economiche una delle cause principali dell’aumento dei fenomeni criminali. Vengono, quindi, individuati, da parte del comitato dei ministri per il Mezzogiorno e del ministero delle Partecipazioni statali, una serie di insediamenti industriali da realizzare prima nell’agglomerato di Ottana e, successivamente, anche in quelli del Sologo e del Sarcidano da parte delle aziende del gruppo Eni e dei Fratelli Orsenigo (per Ottana) e del gruppo Sir (per tutti gli agglomerati). La Cassa per il Mezzogiorno assume l’impegno di finanziare la realizzazione delle infrastrutture di base, buona parte delle quali vengono eseguite da Eni in qualità di ente concessionario. Ebbe così inizio, nei primi anni ’70, la prima fase di industrializzazione, compiuta attraverso un processo di pianificazione generale condotto nell’ambito del Piano di rinascita dell’isola. L’Enichem e la Metallurgica del Tirso furono le prime grandi industrie di interesse nazionale che si insediarono ad Ottana intorno al 1973. In quegli anni l’Eni eseguì un piano industriale che faceva sorgere ad Ottana i migliori impianti per la produzione di fibre tessili, acriliche e polimeri. Il sito si dotò di una centrale termoelettrica (Ottana Energia) e di una manifattura chimica, sia per lavorazione delle materie prime (pta) sia per la produzione di pet (la plastica riciclabile utilizzata ad esempio per le bottiglie). Furono anni in cui quel territorio  visse un vero e proprio boom occupazionale che attirò anche lavoratori provenienti da altre zone della Sardegna. L’industria portò su tutto il territorio della Sardegna centrale, cambiamenti profondi di sviluppo economico e culturale, ma l’illusione durò poco, complice anche la crisi internazionale della chimica primaria. Nel 1978 la Metallurgica del Tirso cessò l’attività licenziando 450 lavoratori. L’Enichem resse alla crisi fino ai primi anni ottanta, fino alla completa chiusura del suo apparato produttivo nel 1997, con una perdita di 1.300 posti di lavoro. Da quel momento, quindi, la lunga sequenza di cessioni e chiusure delle principali attività produttive, dalla Montefibre nel 2003 alla Lorica Sud nel 2012. Per arrivare negli ultimi due anni alle lettere di licenziamento per 58 operai di Ottana Polimeri e per 40 lavoratori di Ottana Energia.

Incisivi anche gli interventi del Vescovo Monsignor Antonello Mur ae Claudia Zoncheddu della Rete Sarda per la difesa della Sanità Pubblica che hanno parlato di scelte scellerate senza prospettiva. La Zoncheddu ha evidenziato anche come oggi la salute dei sardi è messa a rischio per i tagli che si stanno attuando a livello governativo nei diversi territori locali. Sabina Contu in difesa degli esposti all’Amianto Ottana infine ha spiegato che oggi si sta portando aventi una battaglia per questo tipo di pazienti per anni trascurati dalla politica e dalla Giustizia.

F.Nieddu

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Franceschino Nieddu