“Ciao, cerco cucciole” oppure “Hai min?”, dove min stava per “minorenni”.
È il codice utilizzato per non attirare troppo l’attenzione, diretto a giovani e giovanissime per poterle adescare su internet o per scambiare materiale pedopornografico. Affermazioni intercettate online nell’ambito della maxi inchiesta “Lucignolo”.
Tre gli arresti, trenta le perquisizioni e circa cento gli agenti impegnati in tutta Italia in una complessa e delicata attività di indagine durata diversi mesi, condotta dal C.O.S.C., Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica del Piemonte e Valle D’Aosta, con il coordinamento del Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia Online del Servizio Polizia Postale.
Per alcuni mesi diversi agenti sotto copertura si sono prima dovuti accreditare presso le comunità pedofile per poi entrare in contatto diretto e riuscire a dare una identità reale alla serie di pseudonimi utilizzati dai presunti pedofili che mantenevano ben custodito il loro anonimato.
Le perquisizioni personali, locali e sui sistemi informatici hanno portato al sequestro di telefonini, tablet, hard disk, pen drive, computer, account email e profili social ed hanno consentito di rinvenire gli account utilizzati dagli indagati per la richiesta del materiale pedopornografico oltre a un ingente quantitativo di materiale illecito custodito sui supporti informatici.
Le operazioni hanno coinvolto 24 diversi uffici della Polizia Postale in tutta Italia: Piemonte, Lazio, Lombardia, Liguria, Toscana, Veneto, Puglia, Sicilia, Sardegna, Campania e Calabria.