Un patrimonio tutto da scoprire: i tesori archeologici di Nuoro

di Salvatore Novellu

Il Capoluogo barbaricino, cuore pulsante della tradizione è noto per aver dato i natali a uomini e donne d’arte e di lettere che hanno lasciato il segno, tanto da fargli guadagnare l’appellativo di “Atene Sarda”. Ma Nuoro ha da offrire anche tanto altro, dal suo polo museale articolato sui vari ambiti dell’arte e dell’etnografia, a un territorio ricchissimo dal punto di vista naturalistico. Ma non è “tutto qui”, può vantare anche un patrimonio archeologico di tutto rispetto, con importanti testimonianze soprattutto della cultura nuragica e prenuragica, e in particolare nuraghi, domus de janas e tombe dei giganti, con la singolarità di avere uno dei siti più importanti, ovvero il parco di Tanca Manna, ubicato all’interno del abitato e gli altri a brevissima distanza e raggiungibili con poca difficoltà dal visitatore. E oltre a essere un museo d’archeologia a cielo aperto, ospita anche uno spazio museale dedicato, il Museo Archeologico, in cui sono esposti buona parte dei reperti scoperti nel territorio della Sardegna centrale.

TANCA MANNA – Apriamo l’itinerario di visita dalla citata area archeologica di Tanca Manna, che sorge all’interno nell’omonimo parco sito nel quartiere Nuraghe e domina maestosa l’abitato di Nuoro, raro caso di parco archeologico inglobato nel tessuto urbano cittadino.

Nuoro, nuraghe Tanca Manna (foto S.Novellu)

A partire dagli anni Sessanta, il sito è stato oggetto di varie campagne di scavo, la più recente delle quali, nel 2012, ha riguardato soprattutto l’area del villaggio; qui sono state rinvenute diverse tipologie di capanne, la cui pluralità suggerisce quella che dovette essere l’evoluzione della struttura abitativa, passata nel tempo da rettilinea a circolare, quest’ultima la più diffusa in Sardegna che sussiste ancora oggi nei cosiddetti “pinnettos” dei pastori. Tale processo evolutivo lascia intendere che i primi nuraghi furono costruiti assieme ai villaggi, strutturati con capanne di forma rettangolare.

Gli scavi, inoltre, hanno rivelato che la primitiva funzione del nuraghe Tanca Manna non è mai stata di tipo cultuale, funzione delegata alle tombe dei giganti di cui qui non è stata rinvenuta traccia; il nuraghe conserva tracce delle varie fasi edificatorie, da quella in cui nasce l’idea di costruire il nuraghe con annesso relativo villaggio, passando per quella in cui la struttura viene prima utilizzata e poi abbandonata. Così come abbiamo due tipi di capanne, abbiamo anche due tipologie di nuraghe: un primitivo proto-nuraghe addossato a un’emergenza granitica, e una torre troncoconica addossata ad esso. Ed è proprio in questo passaggio che si può leggere il mutamento di funzione del nuraghe: il nuraghe diventa il simbolo dell’occupazione di un territorio, un simbolo che legittimava i suoi costruttori allo sfruttamento dell’area circostante.

Il periodo di massimo splendore del villaggio di Tanca Manna si è avuto tra il Bronzo medio e quello recente, ovvero quello di maggior sviluppo della cultura nuragica.

I materiali rinvenuti (macine, fusaiole e manufatti in ceramica), inquadrabili tra il Bronzo finale e l’Età del ferro (tra il 1100 e il 700 AC) consentono di immaginare come doveva svolgersi la vita nel villaggio e, soprattutto, ci dicono che, mentre questo è stato frequentato con continuità, per un certo periodo di tempo il nuraghe fu abbandonato, per essere poi anch’esso riutilizzato. E il riutilizzo, questa volta, avvenne a scopo cultuale, un po’ come è fu in tutta la Sardegna, nel momento di massimo splendore dei templi a pozzo, delle grandi aree di culto, di cui a Nuoro conserva un ottimo esempio nel sito di Noddule.

NODDULE – L’area archeologica di Noddule sorge a 13 km da Nuoro, lungo la Statale 389 che da Nuoro-Pratosardo conduce verso Orune-Bitti.
Il sito fu interessato da varie campagne di scavo negli anni 50/60 e da un altro intervento nell’area sacra nel 2008.

Tanca Manna e Noddule sono due siti complementari e emblematici di due stadi evolutivi diversi dall’archeologia nuragica: Tanca Manna è l’espressione del momento in cui nei sardi nasce l’idea della costruzione del loro monumento caratterizzante, ovvero il nuraghe, mentre Noddule incarna la fase successiva, quella in cui il nuraghe non è più solo funzionale all’occupazione di un territorio ma diventa anche un simbolo di magnificenza, e per questo la sua forma si modifica diventando complessa, con alte torri addossate a quella centrale, collegate fra loro da bastioni fortificati, e altezze che in qualche caso arriveranno a superare anche i 20 metri, rendendo così i nuraghi di questa fase alcune tra le strutture più complesse e imponenti del Mediterraneo antico. Con loro muta anche la società che li costruisce, che si arricchisce di varie sfumature e di una nuova grande spiritualità, che avrà la massima espressione nella costruzione di pozzi e fonti sacre, i cosiddetti santuari di culto delle acque sorgive, come quello qui presente.

La fonte sacra di Noddule è unica al mondo per il gusto estetico dei suoi costruttori e sicuramente una delle massime espressioni della civiltà nuragica in questo ambito; al suo interno, infatti, ha una tholos ovvero una cupola realizzata in conci di trachite policroma. Considerando che la trachite è un materiale non presente nella zona e che per ottenere quella varietà di colori le pietre devono essere state trasportate in loco da diverse zone lontane della Sardegna, attraverso lunghi viaggi, possiamo capire il valore e l’importanza che i suoi architetti vollero dare al sito. Questa, inoltre, è una delle meglio conservate del repertorio sardo, con un elevato esterno che supera ancora i tre metri d’altezza. Non dimentichiamo che a pochi chilometri sorge un altro importante monumento legato al culto delle acque, ovvero Su Tempiesu, l’unico in tutta l’Isola a conservare quasi completamente intatta la copertura, tanto che per Noddule l’archeologo Ercole Contu negli anni sessanta ipotizzò una copertura simile, a ogiva, un triangolo molto morbido, oppure a botte.

Noddule. La grande capanna circolare (foto S.Novellu)

Oltre al nuraghe e alla fonte sacra a Noddule è presente anche una delle più grandi capanne circolari dell’Isola, che ha la particolarità di essere stata voltata con un’enorme falsa cupola in pietra al posto della più comune copertura realizzata con legname e frasche, come i più recenti pinnettos. Rispetto alle classiche “capanne delle riunioni”, che in genere sono dotate di sedili laterali e “altare”/focolare al centro, qui abbiamo un atrio all’ingresso che ospita i sedili e un bacile laterale, che ricordano molto l’ingresso a un ambiente sacro come le nostre chiese, ma in questo caso legato al culto delle acque.

Sono giunti fino a noi anche alcuni circoli megalitici, la cui funzione e struttura originaria oggi risulta di difficile lettura dal momento che la zona, nel tempo, è stata interessata da una grande attività di cavatura della pietra che ne ha stravolto il profilo. Molto interessanti sono anche alcune strutture architettoniche di epoca romana che indicano una fase di antropizzazione molto estesa nel tempo. Esse sorgono ai piedi del nuraghe e sono l’indizio che l’area dovette essere una tappa di passaggio lungo l’antica strada che collegava Olbia con Fordongianus  (a pochi chilometri è presente un’altro sito coevo, Sant’Efis, ricadente in territorio di Orune), ed è plausibile, dunque, che i locali in questione ospitassero una locanda o un rifugio.

LE DOMUS DE JANAS – In territorio di Nuoro sorgono anche diverse aree funerarie, tra queste quelle di maggiore interesse sono le necropoli di Janna Bentosa, Maria Frunza e Borbore. Le prime due ricadono sul versante occidentale del Monte Ortobene, la terza, poco più a valle.

La Domus de janas di Janna Bentosa è facilmente raggiungibile attraverso un sentiero che si snoda dalla strada che dalla Solitudine conduce al Monte. Scavata su un costone di roccia granitica è costituita da un atrio antecedente un ampio vano privo di copertura dal quale si accede a due celle laterali. La zona, molto suggestiva, è ampiamente frequentata oltre che dagli appassionati di archeologia e di escursione anche da coloro che praticano il trekking in mountain bike sui sentieri dell’Ortobene.

Più a valle è possibile visitare le Domus de Janas di Maria Frunza, raggiungibile da un altro sentiero lungo la strada provinciale 45. Il sito è composto da cinque ambienti scavati su un sistema di blocchi granitici posti ad altezze differenti. La prima è accessibile direttamente dal sentiero e ha l’ingresso ornato da una cornice rettangolare; da questo si accede alla camera sepolcrale, sopraelevata rispetto al piano di calpestio del primo vano. Le altre tombe sono parzialmente nascoste dalla vegetazione. La seconda è aperta poco più in alto ed è la più grande e complessa del sito; essa è costituita da due accessi, uno più ampio e regolare dell’altro, entrambi rifiniti con una cornice, che conducono all’interno di un grande vano, caratterizzato da colonna di roccia, da cui si accede ad altre due celle. Poco più in alto sono state ricavate altre tre tombe, composte tutte da anticella e, rispettivamente, una, due e tre celle sepolcrali.

A circa due chilometri e mezzo da Nuoro, infine, sempre lungo la Provinciale 45, si apre un sentiero sulla sinistra, da percorrere per alcune centinaia di metri prima di raggiungere le Domus de janas di Borbore. Attraverso un ampio arco in granito si accede a ciò che resta della domus originaria ovvero due ampi vani di cui uno quadrangolare e in asse con l’ingresso, l’altro di forma irregolare sulla destra, parzialmente crollato.

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna – Assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio

© Riproduzione riservata

Share
Published by
Salvatore