Confartigianato. 648mila sardi acquistano beni e servizi on line: in vetta alla classifica scarpe e abbigliamento

Il 40,5% dei sardi, ben 648mila persone, ha effettuato acquisti on line negli ultimi 3 mesi mentre il 34,6%, ovvero 552mila abitanti, non ha mai comprato alcun bene o servizio sul web nell’ultimo anno. Solo 5 anni fa, nel 2018, erano 285mila gli isolani che acquistavano sul web, equivalente a 363mila utenti in più.

Sono questi i dati salienti dell’analisi realizzata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna sull’utilizzo dell’e-commerce nell’Isola, su fonte Istat 2022/2023.

Numeri importanti che mettono l’Isola a metà della classifica nazionale sull’uso di internet per fare le compere. In Lombardia si
arriva a quasi 5 milioni di persone che comprano on line, il Veneto supera i due milioni, il Lazio i due milioni e mezzo.

«Il covid ha fatto letteralmente “esplodere” gli acquisti sul web anche da noi – commenta Maria Amelia Lai, Presidente di
Confartigianato Imprese Sardegna – è, infatti, crescente la quantità dei sardi che effettua acquisti on line e allo stesso modo è in salita il numero gli artigiani che comincia a offrire i propri beni e servizi
sul web».

«Dall’altra parte, purtroppo – rimarca la Presidente – ci sono tante piccole attività, quelle che troviamo sotto casa, che
si trovano ad affrontare momenti estremamente difficili».  «Per questo – sottolinea la Lai – continuiamo a ribadire come per le aziende sia fondamentale la presenza sul web: l’innovazione è una delle ricettevincenti per superare la difficile congiuntura. Gli artigiani hanno tanto da offrire in termini di qualità e di unicità dei prodotti e non devono limitarsi all’utenza locale: grazie al web i potenziali acquirenti sono moltissimi».

Dall’analisi emerge come i sardi per il 62% comprino abbigliamento e scarpe, per il 28% articoli per la casa, per il 23% pc e cellulari, per il 22% film, per il 21% libri, riviste e giornali cartacei, per il20% cosmetici, per il 18% articoli sportivi, per il 17% pasti e cibo dalle rivendite di prossimità, per il 16% farmaci, per il 15% abbonamenti internet, per il 14% giocatoli e articoli per l’infanzia, per il 13% musica, per il 12% biglietti per i concerti, per il 9% tv, stereo e macchine fotografiche, per l’8% articoli per la pulizia della casa, per il 7% software, sempre per il 7% cibo e prodotti alimentari pronti con consegna a domicilio, 6% giochi on line e 5% ebook e giornali on line.

L’analisi sulla Sardegna dice anche, infatti, che se da una parte il vincitore è il web, dall’altra il commercio tradizionale fatica.
Nell’e-commerce, le vendite sono cresciute dell’25% in 5 anni. Al contrario, il valore delle vendite al dettaglio ristagna, con una
variazione del -0,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con la tenuta della grande distribuzione (+0,8%) e il calo
delle vendite delle imprese operanti su piccole superfici (-1,6%)

Le imprese sarde che vendono on line: le criticità segnalate. Nonostante questi buoni numeri, tra le imprese è ancora bassa propensione a effettuare vendite mediante il commercio elettronico. Tra le criticità segnalate tra quelle che vendono on line, il 20,2% denuncia i costi connessi all’avvio dell’e-commerce superiori ai benefici attesi. Inoltre, in un caso su dieci, pesano la logistica (10,8%), il quadro legislativo di riferimento (10,3%) e i problemi dei pagamenti online (9,1%). Le imprese che non hanno effettuato vendite via web nel corso dell’anno precedente – oltre a indicare l’inadeguatezza dei propri beni alla vendita via web (53,2%) – segnalano un ventaglio ampio di criticità: la logistica (trasporto, spedizione e consegna delle merci vendute via web) nel 29,4% dei casi, il rapporto costi/benefici nel 27,4%, i problemi relativi ai pagamenti online nel 21,9% dei casi, la sicurezza informatica e la protezione dei dati nel 18,5% dei casi e il quadro legislativo di riferimento nel 17,9% dei casi.

«Certamente, con la vendita on line, ci sono anche tanti problemi da risolvere – conclude la Presidente di Confartigianato Sardegna – parliamo, in particolare, del crescente peso assunto dalle mega piattaforme estere di intermediazione di beni e servizi, che necessitano, sempre di più di interventi sulla web tax, in relazione agli squilibri tra ricavi e prelievo fiscale».

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Sonia