Studio, raccolta, catalogazione, conservazione e divulgazione di manufatti, testimonianze visive, sonore e documentarie della vita e delle tradizioni popolari della Sardegna, del suo patrimonio etnografico e linguistico, nonché delle sue trasformazioni e delle relazioni tenute nel tempo con i popoli del bacino del Mediterraneo. Questa la sintesi di Cinquant’anni di ricerca sul campo portati avanti dall’Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna.
«I primi 50 anni di ricerca sul campo dell’Istituto sono stati importantissimi per la Sardegna e lo saranno ancor di più nei prossimi anni, quando il vastissimo patrimonio raccolto sarà a disposizione dei giovani sardi, i quali anche grazie a questo cresceranno con l’orgoglio e la consapevolezza di appartenere a una cultura millenaria con vastissime competenze e altissimi valori. E proprio loro ci auspichiamo diventino autori e fautori della futura ricerca sul campo». Commenta così, con uno sguardo attento al futuro prossimo, Marco Mulas, direttore del servizio tecnico scientifico, il primo mezzo secolo di attività di ricerca sul campo dell’ISRE.
RICERCA SCIENTIFICA E INDAGINE SUL CAMPO – «Sin dalla sua istituzione – prosegue Mulas – l’Istituto ha avuto nella propria mission, come esplicitato anche nello Statuto, una attività estremamente importante: la ricerca sul campo» spiega Mulas. Studi e inchieste che nel tempo hanno prodotto una serie di documenti di vario genere, compresi materiali audiovisuali di inestimabile valore. Nel corso degli anni, l’ISRE è diventato una garanzia, per rigore ma anche per flessibilità proprio nella ricerca sul campo. Pensiamo ad esempio a collaborazioni prestigiose poste in essere negli anni, come ad esempio quella con David MacDougall, uno dei più grandi studiosi al mondo in ambito di antropologia visuale, o quella con Cecilia Mangini, per stare nello stesso ambito».
«L’equipe di operatori, ricercatori, dipendenti e dirigenti dell’Istituto hanno sempre avuto come focus delle proprie attività la ricerca scientifica e l’indagine sul campo – precisa Mulas.
Nel tempo l’ISRE ha documentato al massimo della propria professionalità, tutte le manifestazioni e attività culturali in essere in Sardegna, dalle feste religiose alle pratiche tradizionali del quotidiano, dalla lingua quotidiana alla poesia (poesia estemporanea), alla musica (canto a tenore o a cuncordu, canto a chitarra, e al suono delle launeddas)».
ARCHIVI E BIBLIOTECA – Sono nati in questo modo gli Archivi dell’ISRE, all’interno dei quali sono confluiti fondi storici, documentari, fotografici e filmici. Ed è nata la biblioteca demoetnoantropologica, con sede in via Papandrea a Nuoro, aperta al pubblico, all’interno della quale è custodito un vastissimo patrimonio librario, di enorme rilevanza sia per la qualità sia, in molti casi, per la rarità delle pubblicazioni tematiche che vi afferiscono.
MUSEI – Parallelamente, dal nucleo embrionale del Museo del Costume (APPROFONDISCI), è stata ampliata l’offerta museale, con la Casa Natale di Grazia Deledda, entrambi con sede a Nuoro, e la Collezione Cocco, ospitata alla Cittadella dei Musei di Cagliari.
GIOVANNI LILLIU e L’ETNOGRAFIA VIVA – «Nel tempo abbiamo girato tutta la Sardegna e raccolto storie, materiali di ogni genere, dagli audiovisivi ai beni museali – commenta orgoglioso Mulas. Sempre con lo stesso obiettivo: la ricerca sul campo. In quest’ottica abbiamo creato una rete con studiosi, docenti e studenti universitari, travalicando anche i confini dell’Isola e proiettando la nostra cultura verso altri orizzonti, facendo si che in questo modo anche l’ISRE oggi sia conosciuto in tutto il mondo. E l’artefice primo di questo spirito ha un nome e un cognome: Giovanni Lilliu, ovvero colui che ha voluto l’istituzione dell’Etnografico, in cui rappresentare la vera rinascita della Sardegna centrale, per ravvivare in ogni sardo la consapevolezza del valore della propria cultura. A questo proposito Lilliu parlava di “Etnografia viva”, che deve agire tra la gente e con la gente».
«Noi abbiamo cercato di applicare questo spirito visionario a ogni ambito delle nostre ricerche, dalla fotografia alla musica, dal cinema alla cultura materiale, e alla loro divulgazione».
Salvatore Novellu – riproduzione riservata