«Il giovane operaio è stato ucciso, le lesioni al cranio non sono compatibili con l’incidente sul lavoro, è stata un’azione violenta e volontaria di ignoti».
È quanto emerso nel processo a Nuoro per la morte, il 13 marzo del 2014, di un operaio di 24 anni di Dorgali, Antonello Mereu, in una cava di marmo a Orosei. Per i periti nominati dalla giudice Alessandra Ponti – la medica legale Rita Celli e l’ingegnere Stefano Ferrigno – non si trattò di un incidente sul lavoro ma di un delitto. Oggi in aula i due professionisti hanno illustrato l’esito delle loro perizie che escludono una morte bianca. La procura aveva da subito imboccato questa strada, chiedendo e ottenendo il rinvio a giudizio degli allora responsabili della ditta per cui lavorava la vittima con l’accusa di omicidio colposo.
Secondo la pm Francesca Pala, il titolare della società e due dipendenti avrebbero violato le normative sulla sicurezza nei cantieri.
Dop otto anni dai fatti, peri consulenti emergerebbe un’altra verità: per i professionisti nominati dalla giudice, infatti, non è stata la verga volata mentre Mereu tagliava con il filo diamantato i blocchi di marmo a colpirlo al cranio e ucciderlo, ma un’aggressione con un oggetto appuntito “un punteruolo o un cacciavite”.
In base a questa ipotesi, il giovane sarebbe stato sorpreso alle spalle dal suo assassino, e non lo avrebbe sentito arrivare a causa del forte rumore del macchinario che stava usando. Sul risultato dei periti concordano le difese degli imputati, ma non la pm nè l’avvocato che tutela la famiglia di Mereu, Pietro Salis. «La perizia – spiega il legale di parte civile – è avvenuta sulle base del materiale probatorio depositato e delle foto raccolte durante l’autopsia dal medico legale Vindice Mingioni, che aveva parlato di compatibilità della ferita con la verga anche se non aveva escluso l’ipotesi delittuosa. Noi siamo perplessi sull’ipotesi di aggressione che va a cozzare con le testimonianze acquisite: l’ultimo collega che vede Antonello intorno alle 7 del mattino lo ritrova pochi minuti dopo disteso a terra in una pozza di sangue e sappiamo che alla cava non si entra o si entra a piacimento. Per questo insistiamo per l’incidente sul lavoro: Antonello era il lavoratore più giovane ed è stato lasciato solo senza aver avuto formazione specifica per utilizzare quei macchinari”. La battaglia sulle perizie è appena iniziata, prossima udienza il 25 maggio.