Il disagio giovanile a Nuoro è un problema ormai assodato che si manifesta sopratutto con frequenti atti vandalici e azioni, risse e azioni di pestaggio, il consumo e lo spaccio di sostanze stupefacenti e alcol. Tutto questo è stato affrontato in occasione di un convegno organizzato dal movimento Liberu (APPROFONDISCI), in questo contesto abbiamo intervistato Graziano Pintori, storico militante comunista nuorese, già assessore comunale ai Servizi sociali, attualmente presidente provinciale dell’ANPI, sulla esperienza del Focolare in città.
Cos’erano i focolari? I focolari nacquero negli anni settanta per affrontare in modo innovativo il disagio giovanile, che lievitava all’interno della società in piena evoluzione economica. Il disagio si manifestava soprattutto con l’uso delle cosiddette droghe “pesanti”, essendo facilmente acquistabili in quel periodo. .
A chi erano rivolti? I giovani, conseguentemente all’uso e allo spaccio di droga, venivano incarcerati per reati che il più delle volte erano connessi alla loro dipendenza, per esempio: furti, rapine, violenze, omicidi, tentati omicidi e via discorrendo. Per i minorenni, in alternativa alla reclusione si proposero i focolari, strutture che fecero la loro prima comparsa nella città di Trento proprio alla fine degli anni ’60 e i primi anni ’70.
A Nuoro come nacque l’idea? Il Focolare di Nuoro era all’avanguardia essendo tra i primi del sud Italia e il primo comune sardo a sperimentare questo nuovo metodo di inclusione sociale. Differentemente dagli altri giovani italiani., per i ragazzi sardi e nuoresi il disagio non era legato al consumo di droghe ma sopratutto era da ricercare all’interno delle famiglie con diverse problematiche, non ultime quelle economiche.
Come era strutturato? La struttura nuorese era organizzata sul modello di una casa normale, in cui operavano varie figure: la cuoca, l’addetta alle pulizie, le educatrici e gli educatori e i minori ospiti; nel Focolare ciascuno era consapevole del proprio ruolo, il quale doveva essere svolto senza interferire nell’operato delle altre figure elencate. I giovani provenivano soprattutto dalla casa circondariale di Giorgino a Cagliari e poi di Monastir: una struttura più moderna, però sempre improntata sulla falsariga del carcere. I giovani ospiti erano nativi di Nuoro e di altri paesi della provincia, il loro numero era contenuto tra 5 e 7 unità, gli educatori erano 4: il sottoscritto con altre due giovani maestre Gonaria Fadda e Felicina Corda, poi Antonio Sini già conosciuto come poeta, pittore, scultore, il quale aveva maturato la sua esperienza di educatore al San Camillo di Sassari, che negli anni ’70 faceva attività di formazione e inserimento lavorativo. A. Sini fra gli altri incarichi aveva quello di accompagnare i giovani a Torino, dove allora la manodopera era assai richiesta.
Come è stata l’esperienza di Nuoro e quale ruolo hanno avuto le istituzioni? L’esperienza del Focolare nasce a Nuoro grazie alla lungimiranza del sindaco Peppino Corrias, della Procura Regionale per i Minori rappresentata dal giudice Federico Palomba e da quella regionale. Noi educatori del Focolare frequentammo un corso di formazione nella città di Trento, il comune che per primo sperimentò il Focolare come luogo alternativo al carcere. La formazione conseguita, oltre ad avere arricchito il nostro bagaglio umano , ci portò a istituire formalmente il Focolare.
Come è stato il rapporto con i minori? Il rapporto tra educatori e minori era diretto, franco, leale, in quanto punti imprescindibili per avere fiducia reciproca e allo stesso tempo elementi indispensabili per il re inserimento del giovane nella comunità e la famiglia di origine, dove i rapporti solitamente erano lacerati e fonte del disagio che il giovane manifestava con il suo comportamento.
E con la città di Nuoro? I rapporti con la città e i nuoresi non sempre erano buoni, in quanto i giovani ospiti, soprattutto nel primo periodo, si dedicavano a furti d’auto in appartamenti e approfittavano dell’ingenuità delle persone soprattutto se anziane. Molti di questi episodi portarono gli educatori a confrontarsi con le forze dell’ordine. Il confronto aveva lo scopo di evitare che i giovani rifinissero in carcere in quanto si sarebbe vanificato il lavoro svolto tra le mura del Focolare. Non a caso molti “benpensanti” nuoresi additavano noi educatori come “protettori dei delinquenti”. Comunque, in generale la città non fu ostile a questa esperienza perché costrinse molte persone a confrontarsi una novità educativa, tanto è che molti artigiani accettarono i nostri ospiti nei loro laboratori e alcuni commercianti nelle loro attività favorendo esperienze lavorative molto importanti. L’inserimento lavorativo servì a diffondere l’idea che le risposte alle problematiche di questi soggetti non poteva essere solo di ordine carcerario. Si tenga presente che in Sardegna, in particolare nella nostra provincia, erano anni di transizione, ovverosia dalla società del malessere degli anni 50 e 60 a quella della società cosiddetta del benessere, che allora si basava sul mito dell’industrializzazione di Ottana e, conseguentemente dell’abbandono delle campagne. Un preludio per una nuova realtà socio-economica che, a prescindere di come questo falso mito dell’industrializzazione sia finito, la nuova società che si andava radicando inevitabilmente produceva nuove forme di devianza che non si possono riassumere in poche righe.
Erano presenti ospiti con disabilità? Nella struttura non erano presenti ospiti con disabilità
Questa esperienza ti è servita nel tuo ruolo di Assessore ai Servizi Sociali? L’esperienza del Focolare per me è stata determinante per la mia formazione interiore e per le successive scelte di vita in campo politico e sociale; infatti, l’attività assessoriale che ho svolto dal 2000 al 2010 nei Servizi sociali del comune di Nuoro ha avuto come punto di riferimento le analisi, le riflessioni, le discussioni, i confronti avvenuti all’interno del Focolare e all’esterno con le istituzioni amministrative ed educative. Una grande esperienza che ha contribuito a formare quel bagaglio umano e politico, i quali mi hanno consentito di avere una visione inscindibile della società dall’uomo e viceversa.
Come vedi la condizione giovanile di quegli anni e oggi a Nuoro in generale? Fare un raffronto dei giovani del Focolare con quelli di oggi è arduo, trattandosi di generazioni assai lontane non solo come tempo trascorso ma soprattutto come cultura, formazione, stili di vita, rapporti umani; tra i primi e secondi sembra che sia trascorsa un’era se pensiamo che oggi siamo tutti “digitalizzati”, senza distinzione alcuna. Però ciò che rimane, a mio parere, è che i giovani sono sempre tali a prescindere dall’epoca in cui sono vissuti, come tali dovrebbero essere capiti e farli sentire che anche loro sono cittadini a tutti gli effetti.
Come ci si dovrebbe rapportare ai giovani di oggi? I giovani di oggi, a mio parere, hanno necessità continua di essere rassicurati, quindi hanno ancora bisogno della famiglia, di una famiglia sana che possa dedicare molto del suo tempo alla formazione e crescita della coscienza civile dei propri figli. Non ci vogliono discorsi ampollosi e controversi quando si parla di educazione e famiglia, scuola, sanità, libertà, uguaglianza per concludere che tutti gli esseri umani, a prescindere dall’età e dalle condizioni socio economiche, davanti ai diritti e ai doveri dovrebbero essere uguali. In Italia esiste una strada che su questo campo è maestra anche di vita: la Carta Costituzionale, in modo particolare l’art. 3.
F.Nieddu