Condizione e disagio giovanile in città. Sono le tematiche affrontate in un dibattito pubblico promosso da Liberu, coordinato dalla rappresentante del movimento Flavia Pala che ha introdotto l’argomento confrontando i dati sardi con quelli nazionali.
Il quadro per l’Isola non è per niente confortante: c’è una forte dispersione scolastica e disoccupazione giovanile che colpisce specialmente i trentenni che rinunciano addirittura a cercare lavoro mentre altre fasce d’età specialmente quella dei sessantenni si trovano ancora a vivere una condizione precaria specialmente chi esercita la professione di insegnante. Durante il convegno c’è stato in proposito un approfondimento sul ruolo del docente di sostegno che spesso non ha molte ore a disposizione per lo studente disabile e non sempre l’incarico viene confermato con lo stesso alunno.
Nello specifico è risultato che per i giovani Nuoro è vista com una città senza prospettive e opportunità e per tale motivo sono demotivati abbandonando presto la scuola per un lavoro precario. Le testimonianze di alcuni giovani in video conferenza dall’estero o da altri luoghi d’Italia per motivi di studio o lavoro, hanno fatto riflettere i presenti all’evento su questo punto in quanto è stato sottolineato che ci vorrebbe maggior dialogo fra adulti e ragazzi che spesso non sanno che strada intraprendere sul proprio futuro.
Al pedagogista e docente universitario Daniele Altieri è stato affidato il compito di fare un excursus storico dagli anni ’70 in poi, dei principali traguardi raggiunti in Italia per passare dall’educazione come strumento di dominio e controllo di massa alla esperienza di “pedagogia della liberazione” specialmente partendo dall’esperienza della scuola di Barbiana; anche in Sardegna, in quegli anni, c’è stata una sperimentazione di scuole popolari organizzate dai quartieri popolari a Cagliari (nei quartieri di Sant’Elia e Is Mirrionis), a Sassari e Olbia.
«Dopo quegli anni – ha dichiarato il professor Altieri- le nuove generazioni non riescono a operare un cambiamento incisivo trovandosi a vivere in un mondo arrogante con modelli narcisisti da emulare. La pedagogia può stimolare nuovi stili di vita e mettere in discussione modelli consolidati per favorire il cambiamento».
Il pedagogista ha affrontato il cambiamento del ruolo della famiglia nell’ambito sociale. Si è passati dalla famiglia normativa o etica a una “famiglia affettiva”.
Dalle regole imposte si è passati alla famiglia affettiva che svolge, invece, la funzione di trasmettere affetto più che regole o valori/principi condivisi. Questo nuovo modello di famiglia è caratterizzato dal “tirare fuori”, ha lo scopo di far crescere i figli felici a tutti i costi abbassando la quota di “dolore mentale” e frustrazione che la coppia genitoriale pensa si possa somministrare ai figli a scopo educativo. All’interno di questo nuovo panorama sociale si può assistere quindi ad una difficoltà da parte dei genitori nel dare limiti e frustrazioni ai figli, allo scopo di evitare il conflitto. La causa di questo atteggiamento diffuso, oltre che essere ricercata in motivazioni individuali e situazioni-specifiche, può essere ricondotta anche alla difficoltà che spesso i genitori si trovano ad affrontare dovendo gestire da soli e al contempo casa, figli e lavoro, mancando spesso il sostegno della famiglia allargata di un tempo, di una rete intorno alla famiglia. Questo può portare i genitori a dedicare ai figli meno tempo di quello che desidererebbero e, a sua volta, ciò può determinare l’insorgere di sensi di colpa e la ricerca di scorciatoie educative che sopperiscano alla mancanza di tempo da passare insieme ai figli.
La professoressa Paola Ballore, invece, ha illustrato la sua esperienza di insegnante: «Quando diciamo ai nostri figli … “io al posto tuo mi comportavo così…” raccontando le nostre esperienze ci dimentichiamo che c’è una differenza generazionale con un contesto diverso». L’insegnante ha posto l’accento che i giovani di oggi sono profondamente annoiati e a volte manca un’autoanalisi delle proprie emozioni. Al dibattito sono intervenuti anche l’assessore ai Servizi sociali Fausta Moroni che ha esposto le iniziative delle politiche giovanili e Silvio Obino della Lariso che ha raccontato le attività degli operatori di strada.
Le conclusioni sono state affidate a Liberu che ha proposto la creazione di un centro di ascolto per giovani
F.Nieddu