Per l’incendio doloso alla piscina Blu Paradise di Portoverde (Misano Adriatico), il 23 giugno della scorsa estate, la Procura della Repubblica di Rimini ha chiesto il rinvio a giudizio per un ristoratore di 71 anni, originario della provincia di Nuoro.
Secondo le indagini dei Carabinieri, che nel giro di qualche giorno erano arrivati all’identificazione del presunto piromane, il movente era stata una sorta di rivalità economica dovuta al successo del bar della piscina frequentato da clientela giovane. Nel corso di una perquisizione, i Carabinieri di Riccione avevano ritrovato nelle disponibilità del ristoratore una tanica per la raccolta di olii alimentari simile a quella utilizzata per dar fuoco ai locali della piscina. Non solo, vi sarebbe anche un video di sicurezza, in possesso degli inquirenti, in cui si vede il ristoratore a volto scoperto raggiungere una telecamera e oscurarla con del nastro adesivo.
“Il mio cliente nega ogni addebito – ha detto l’avvocato del ristoratore, Isabella Giampaoli del Foro di Pesaro. Anzi riferisce di ottimi rapporti umani con il vicino. Quelle taniche per l’olio sono in uso a quasi tutti i ristoranti in zona. E poi ricordiamo che c’erano già state altre minacce ed episodi diversi verosimilmente collegati all’omofobia”.
Alla matrice omofoba, poi smentita dalle indagini dei carabinieri di Riccione coordinati dal sostituto procuratore Luca Bertuzzi, aveva chiaramente fatto riferimento pubblicamente il gestore della piscina subito dopo l’incendio. “È stato un gesto omofobo. Sono anni che va avanti così solo perché sono gay. Avevamo esposto le bandiere arcobaleno per la settimana del Pride e si vede che a qualcuno hanno dato fastidio”, aveva raccontato a giornali e tv, Davide Piccioni, il gestore della piscina che poi su internet aveva lanciato una raccolta fondi per ricostruire l’impianto.