“La manifestazione ‘Cortes Apertas’ costituisce un importante strumento promozionale volto a sostenere le eccellenze produttive dei Comuni: l’obiettivo primario è sostenere le imprese ivi ricadenti che dovranno essere coinvolte dagli organizzatori. I comparti che dovranno esser coinvolti sono prioritariamente quelli dell’agroalimentare e dell’artigianato. La manifestazione ha una sua identità ben precisa e non ha come obiettivo quello di mascherare feste patronali o eventi similari. Il Comune si impegna ad individuare le eccellenza produttive che dovranno esser comunicate formalmente all’Aspen”. Recita così uno degli articoli del disciplinare di Cortes Apertas, nate nel lontano 1996 la cui prima edizione si tenne a Oliena su iniziativa di Luigi Crisponi, anche il vero archetipo di tale manifestazione, piaccia o no, è da ricercare nella Festa ‘e totta idda, che dal 1974, a cadenza quadriennale, è stata ideata e continua a tenersi a Scano Montiferro.
Oggi però, a 26 anni di distanza, lo spirito delle Cortes Apertas sembra essere stato sopraffatto da purpuzza, pane lentu con salsiccia, pane frattau, maialetto o “porcetto” arrosto (come riportano spesso i listini di tanti punti di ristoro), pecora in capotto e fiumi di vino e birra che scorrono fino a oltre la mezzanotte.
Detto così sembra brutto ma l’identità della manifestazione, ovvero il fatto che ogni centro in cui essa si tiene, dovrebbe mostrare quanto di meglio ha tramandato delle proprie tradizioni e della propria identità, sembra sparita e il clima da festa patronale e eventi similari sembra aver preso il sopravvento, ormai, in quasi tutti i centri in cui si tiene la manifestazione.
E nell’edizione 2022 di Mastros e massajos in Nugoro, poi, tutto questo è apparso ancora più chiaro. E forse è giusto così, evidentemente la maggior parte degli organizzatori ha più a cuore di mostrare quanto di meglio il proprio paese può offrire e preferisce concentrare tutti i propri sforzi per appagare la gola dei numerosi visitatori e fornire una boccata d’ossigeno alla sempre più magra economia locale e a quanti si affannano per organizzare un punto ristoro in ogni angolo dei vari centri storici.
“Boom di visitatori in occasione di Mastros e Massajos in Nugoro“… recitavano oggi i titoli dei quotidiani locali (in un mantra che si ripete ogni fine settimana in occasione delle varie altre tappe delle Cortes). Per carità le mostre degli hobbisti c’erano, i musei erano aperti pure. E c’erano anche i numerosi cori cittadini che si sono esibiti nelle chiese del centro storico. Ma gli artigiani, le maestranze e i saperi locali dove erano? Forse c’erano ma erano solo il contorno della grande abbuffata che ormai si perpetua da 26 anni o confusi tra quelli provenienti da varie parti dell’Isola, insieme ai venditori di castagne, nocciole, torrone e formaggi. E non è stata solo la nostra impressione ma il parere di tanti visitatori sentiti per l’occasione.
Mastros si è svolto principalmente nel cuore di Santu Predu, il quartiere storico cittadino un tempo residenza dei pastori e oggi sede delle botteghe artigiane locali, mentre il rione di Séuna, un tempo residenza di Massajos (i contadini), è stato ancora una volta snobbato: nessuna Corte o maestranza ha aperto ai visitatori i propri locali.
Per l’intera durata della manifestazione, poi, non sono mancate le polemiche dei residenti a San Pietro, sopratutto dei familiari di anziani e malati, i quali si sono dovuti sorbire il chiasso degli avventori, soprattutto di quelli in preda all’ebbrezza alcolica, ben oltre la mezzanotte. “Ma la gente ha il diritto di divertirsi, soprattutto dopo due anni di pandemia”, borbotteranno in tanti… ma una certa dose di rispetto altrui è sempre d’obbligo, anche nel contesto di Cortes Apertas così come in quello di ogni manifestazione che coinvolga la collettività.
Tirando le somme, dunque, ormai il concetto di Cortes e con esso quello di mostrare la cultura del luogo è svanito e la manifestazione nuorese appena trascorsa ne è stata l’esempio lampante, a discapito degli stessi “Mastros e Massajos”.
A questo punto, dunque, perché non cambiare le regole del gioco, aggiornare il disciplinare e lo spirito stesso della manifestazione secondo quanto è realmente diventata negli anni, ovvero la Sagra della purpuzza? Probabilmente non sarebbero in tanti a dispiacersene, ma almeno non si creerebbero false aspettative in coloro i quali, invece, quello spirito tanto amavano e ricercavano, anche a costo di attraversare l’isola e tirare tardi per l’intero fine settimana.
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