“Per quanto tempo?” Se lo chiede il giornalista Nicola Rabbi in un articolo pubblicato nel periodico Amici di Follereau (5-6 maggio giugno), dedicato alla condizione dei profughi Ucraini.
L’autore fa un’analisi dettagliata sull’esodo forzato della popolazione Ucraina sottolineando che rispetto ad altri rifugiati nei paesi d’accoglienza hanno avuto una corsia preferenziale.
“L’invasione ucraina ha portato il più grande esodo dal secondo dopo guerra di cittadini che hanno lasciato il proprio paese, sono stati 4,5 milioni coloro che hanno lasciato l’Ucraina nel primo mese e mezzo di guerra e i paesi confinanti si sono prodigati nell’accoglienza. L’Unione Europea in questa occasione ha avuto una reazione unanime -scrive l’autore-per la prima volta è stata applicata la Direttiva Europea n°55 del 2001 che prevede in situazioni di emergenza la protezione temporanea da uno a tre anni, questo consente ai cittadini Ucraini di recarsi in ogni paese europeo e con la sola richiesta di permesso di soggiorno avranno tutti gli stessi diritti dei cittadini del paese che li ospita”.
Nicola Rabbi pone l’accento sul fatto che la reazione europea è stata giusta ma viene spontanea una domanda “Perché questa direttiva non è stata applicata per quelli siriani o quelli afgani che hanno lasciato il loro paese dopo l’avvento dei talebani?. Non può essere un problema numerico, se consideriamo che i rifugiati ucraini sono milioni mentre quelli siriani e afgani sono stati molto meno, per non parlare di quelli appartenenti ad altre nazionalità”.
Si assiste a un trattamento a doppio binario: come se eritrei, afgani, kurdi, palestinesi, nord africani scappano perché vogliono cambiare stile di vita e avere più opportunità e non per la situazione di pericolo che esiste nei loro paesi e il loro viaggio della speranza in Europa finisce nei CPR o CPA.
C’è un altro aspetto che viene evidenziato dal giornalista nell’articolo: che il colore della pelle, l’etisia o la differenza di genere ha condizionato l’espatrio dall’Ucraina.
«L’accoglienza, solidarietà, diritti umani sono dei bei principi, ma non sempre vengono considerati e applicati nella loro pienezza, ci sono ancora resistenze, pregiudizi e riserve nei confronti dell’altro, spesso dovuti anche a normative di cui spesso viene applicato solo l’aspetto restrittivo e non quello di apertura, soltanto le associazioni di volontariato laico e religioso e le ONG affrontano le situazioni dei profughi, degli stranieri senza se e senza ma» conclude Rabbi.
F.Nieddu