A Nuoro, nei locali dello Spazio Ilisso, il pubblico delle grandi occasioni ha accolto ieri l’opera di Maria Lai, cui la Ilisso, in collaborazione con l’Archivio Maria Lai, la Fondazione Maria Lai, la Stazione dell’Arte di Ulassai e il Magazzino Italian Art Foundation di New York, ha dedicato la grande retrospettiva “Maria Lai. Dall’informale all’opera corale“.
Settanta capolavori che rivelano i passaggi cruciali del suo percorso artistico in un iter espositivo che ripercorre circa 40 anni di ricerca. A partire dai primi lavori polimaterici, ancora depositari di residui iconici e pittorici, si passa alle strutture dei telai privati della tela: perimetri lignei, spazi che tentano il salto oltre la bidimensionalità, superando infine la matericità per toccare l’essenzialità del concettualismo.
Nel giardino interno della casa-museo nel cuore di Nuoro, in un pomeriggio assolato, si sono susseguiti una serie di interventi di presentazione dell’evento espositivo, il primo dei quali, dell’editore nuorese Sebastiano Congiu, il quale ha sottolineato l’importanza dell’artista di Ulassai e il suo essere perfettamente in linea con il sentore più avanguardistico della cultura artistica e visiva italiana, sottolineando come in mostra sia presente un’opera del 1964, realizzata con paglia e sughero, che anticipa di qualche anno quella che il compianto Germano Celant, nel 1967 definirà “arte povera”.
Elena Pontiggia, grande conoscitrice dell’opera di Maria Lai, curatrice della mostra e autrice di uno dei saggi contenuti del relativo catalogo, studiosa di Arturo Martini, maestro dell’artista, e di Mario Sironi (protagonista della mostra appena conclusasi a Spazio Ilisso), figure molto vicine alle sentire di Maria Lai, la cui opera, utilizzando il linguaggio visivo che recupera il grande artigianato e la grande cultura visiva della Sardegna, è capace di attrarre a sé un gran numero di persone.
Maria Sofia Pisu, figlia della sorella di Maria Lai Giuliana, ha sottolineato che: «È come se vedessi quelle opere per la prima volta, grazie alla loro contestualizzazione in ambienti così raccolti come quelli di questa casa, ben sottolineati dall’illuminazione». Ecco, dunque, il concetto dell’arte nella casa (sottotitolo della rivista Domus di Gio Ponti), ovvero di come il riproporre l’arte in piccoli spazi abitativi ricordi a tutti che l’arte nasce per le persone e per il vivere più armonicamente gli spazi dell’abitare; e in questo caso è come che le opere siano ambientate nella casa di Maria Lai, e che ogni ambiente, anche grazie al sapiente allestimento curato dall’architetto Antonello Cuccu, ne riproponga un filone di ricerca.
Il vescovo di Nuoro, Antonello Mura, nel ribadire la profonda spiritualità dell’opera dell’artista, ha ricordato la mostra di Maria Lai ancora visitabile alla biblioteca Vaticana, negli spazi attigui agli appartamenti papali, vicino a libri antichissimi «che stranamente dialogano benissimo con le opere».
Il vice ministro allo Sviluppo Economico Alessandra Todde, in chiusura, riprendendo un’episodio citato dalla Pontiggia (a proposito di un libro di poesie donato dal poeta Salvatore Cambosu all’allora giovanissima artista cui, avendo lei risposto di non capirne appieno il significato lui ribadì che non era necessario capire tutto ma che bastava seguirne ritmo), ha detto: «Io conosco poco di quest’artista però osservando le sue opere intuisco che ne devo seguire il ritmo, un po come si fa con le canzoni in inglese, che si riesce ad apprezzarle anche senza capirne le parole»
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