Nuoro. “Referendum sulla Giustizia”: spiegati e discussi tutti i punti su cui siamo chiamati a votare

Sonia

Nuoro. “Referendum sulla Giustizia”: spiegati e discussi tutti i punti su cui siamo chiamati a votare

giovedì 09 Giugno 2022 - 09:18
Nuoro. “Referendum sulla Giustizia”: spiegati e discussi tutti i punti su cui siamo chiamati a votare

Nuoro, incontro-dibattito sul Referendum Giustizia (foto S.Meloni)

IL REFERENDUM: Domenica 12 giugno, dalle 7 alle 23, si torna alle urne per votare sui cinque referendum abrogativi in materia di giustizia. Oltre che per le elezioni amministrative, per le quali si voterà infatti in circa mille comuni, tutti i cittadini saranno chiamati a esprimersi con un sì o con un no su cinque diversi quesiti referendari. Si tratta di referendum abrogativi, chi voterà Sì vorrà cambiare il sistema abrogando le norme oggetto di consultazione, chi voterà No vorrà lasciare le cose così come stanno. Perché il referendum sia valido occorre che vada a votare il 50% più uno degli elettori.

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA: Il primo quesito riguarda il CSM, l’organo di autogoverno della magistratura. Per due terzi è composto da magistrati, per un terzo è composto da membri scelti dal parlamento in seduta comune. Un magistrato che voglia candidarsi a far parte del CSM deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme e, quindi, nei fatti deve avere il sostegno di una “corrente”. Le correnti sono diventate i “partiti” dei magistrati e influenzano le decisioni prese dall’organo: come ha dimostrato il “caso Palamara”, intervengono per favorire l’assegnazione di incarichi ai suoi componenti, decidono trasferimenti e nuove destinazioni. Il quesito mira ad abrogare l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. L’attuale obbligo impone di fatto a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Con il sì, si tornerebbe alla previsione che tutti i magistrati in servizio possano proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura. Con il no rimarrebbe vigente l’attuale disciplina.

Incontro-dibattito sul Referendum Giustizia (foto S.Meloni).

VALUTAZIONE DEI MAGISTRATI: Il secondo quesito riguarda l’equa valutazione dei magistrati. Oggi la valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati è operata dal CSM che decide sulla base di valutazioni fatte anche dai Consigli giudiziari, organismi territoriali nei quali, però, decidono solo i componenti appartenenti alla magistratura. Il controllore è anche il controllato. Con il referendum si vuole estendere anche ai rappresentanti dell’Università e dell’Avvocatura nei Consigli giudiziari la possibilità di avere voce in capitolo nella valutazione.
Con il sì viene quindi riconosciuto anche ai membri “laici”, cioè avvocati e professori, il diritto di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati. Mentre se a prevalere sarà il no rimarrà tutto com’è adesso.

Incontro-dibattito sul Referendum Giustizia (foto S.Meloni).

Nuoro, incontro-dibattito sul Referendum Giustizia (foto S.Meloni)

MAGISTRATI E POLITICA: Il terzo quesito è quello a più alto tasso di conflittualità politica e riguarda le carriere dei magistrati. La magistratura nel nostro ordinamento è unica ma le funzioni tra magistrato che giudica e quello che accusa sono distinte. Nella loro carriera i magistrati possono decidere di passare dalla funzione giudicante a quella requirente, e viceversa, fino a quattro volte. Attraverso il terzo quesito referendario si chiede che il magistrato scelga all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale. Chi vota sì sceglie di non permettere a un magistrato che prima svolge le funzioni accusatorie di svolgere successivamente quelle giudicanti (e viceversa) mentre chi vota no vuole che il passaggio da una parte all’altra nel corso della carriera di un magistrato sia consentito e sia consentito più volte.

CUSTODIA CAUTELARE: Il quarto quesito riguarda i limiti agli abusi della custodia cautelare. La custodia cautelare è una misura coercitiva con la quale un indagato viene privato della propria libertà nonostante non sia stato ancora riconosciuto colpevole di alcun reato. È ammessa in presenza di gravi indizi di colpevolezza e, appunto perché si tratta di una privazione della libertà che precede la condanna definitiva, deve essere straordinaria. In Italia circa mille persone all’anno vengono incarcerate e poi risultano innocenti. Dal 1992 al 31 dicembre 2020 si sono registrati 29.452 casi. L’Italia è il quinto Paese dell’Unione Europea con il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare: il 31%, un detenuto ogni tre. La custodia cautelare è una pratica abusata, se dovesse vincere il sì rimarrebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi e si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato”. Questa è la motivazione che viene utilizzata più di frequente per disporre la custodia cautelare, molto spesso senza che questo rischio esista veramente. Se dovessero prevalere i no invece la custodia cautelare rimarrebbe così com’è.

Nuoro, incontro-dibattito sul Referendum Giustizia (foto S.Meloni)

Nuoro, incontro-dibattito sul Referendum Giustizia (foto S.Meloni)

DECRETO SEVERINO: L’ultimo quesito riguarda l’abolizione del decreto Severino. La decadenza automatica di sindaci, amministratori locali condannati ha creato vuoti di potere e la sospensione temporanea dai pubblici uffici di persone innocenti poi reintegrate al loro posto. Il decreto Severino prevede incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna. Ha valore retroattivo e prevede, anche a nomina avvenuta regolarmente, la sospensione di una carica comunale, regionale e parlamentare se la condanna avviene dopo la nomina del soggetto in questione. Per coloro che sono in carica in un ente territoriale basta anche una condanna in primo grado non definitiva per l’attuazione della sospensione, che può durare per un periodo massimo di 18 mesi. Il referendum elimina l’automatismo e restituisce ai giudici la facoltà di decidere se applicare o meno l’interdizione dai pubblici uffici.

Si tratta di materie complesse che ieri sono state affrontate nel corso di un dibattito che ha visto la partecipazione di politici e avvocati in una sala gremita di gente interessati alla riforma sulla giustizia. Nella prima parte, per spiegare i quesiti, sono intervenuti tre “pesi massimi” del foro nuorese: Angelo Mocci, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nuoro; Basilio Brodu, già presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nuoro e attualmente componente della commissione paritetica Stato – Regione; Priamo Siotto, già presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nuoro e già componente del Consiglio Nazionale Forense. A coordinare questa fase del confronto è stata Francesca De Ambrosis, giovane avvocato del foro di Nuoro.
Nella seconda parte dell’incontro sono intervenuti, a sostegno del sì, cinque rappresentanti politici di partiti diversi: Pierluigi Saiu, consigliere regionale, capogruppo della Lega nell’assemblea legislativa sarda; Michele Pais, presidente del consiglio regionale; Giuseppe Talanas, consigliere regionale di Forza Italia, presidente della quarta commissione permanente; Stefano Tunis, consigliere regionale e fondatore del movimento “Sardegna20Venti”; Mara Lapia, deputata iscritta al gruppo misto-centro democratico; Pietro Pittalis, deputato di Forza Italia, componente della commissione giustizia alla Camera. È stata questa, fino ad ora, l’unica iniziativa sul tema che si è svolta in città. La parola passerà adesso agli elettori che saranno chiamati a decidere domenica prossima.

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