C’era una volta la bulla e la bullizzata… C’era perché ora ci sono semplicemente due amiche per la pelle nonché compagne di classe all’ultimo anno del liceo di Scienze Umane a Nuoro. Alessia 18 anni, Stefania 20, ora, un legame indissolubile le unisce ma quando di anni ne avevano 12 e 14 e frequentavano la scuola media non era esattamente così.
Alessia era quella che stupidamente veniva etichettata dai suoi coetanei come quella che “porta sfiga”, furono per lei anni di buoi e isolamento: frasi ingiuriose sui social, telefonate anonime e prese in giro.
Stefania invece faceva parte del gruppo ed era dall’altra parte della barricata finché con altri 13 ragazzi ha subito un processo che si è concluso con una pena rieducativa. Il loro caso era finito alla ribalta delle cronache nazionali, ma ha avuto fortunatamente un lieto fine: l’incontro, i pianti, le scuse, i chiarimenti, il perdono e una grande amicizia cementata dal percorso di dolore e coraggio che le ha portate a diventare testimonial del fenomeno del bullismo nelle scuole.
Oggi all’Istituto Superiore Francesco Ciusa di Nuoro, in occasione della giornata del bullismo e cyberbullismo promossa dall’Istituto nuorese e dalle Cooperativa Lariso, le due ragazze hanno parlato a centinaia di studenti. Poi la proiezione del docufilm di Luca Pagliari “Le parole nel cuore”, ispirato alla loro storia e al percorso di Alessia che insieme alla sorella e ai genitori racconta il calvario e la disperazione vissuta da tutta la famiglia.
«Avevo appena 12 anni e avevo chiesto a mia madre parrucchiera di tingermi le punte dei capelli di rosso. Da lì – ricorda Alessia – parte l’invidia nei mie confronti e i comportamenti feroci dei miei coetanei che mi hanno portato sull’orlo del baratro. All’improvviso l’isolamento, nessuno mi salutava, non uscivo più, non dormivo la notte. Mia sorella e i miei genitori mi hanno incoraggiato a denunciare, ma è solo quando ho incontrato Stefania a un corso di pattinaggio che le cose iniziano a cambiare». Tra le lacrime la ragazza racconta la sua esperienza di bulla. «Credevo davvero alle cose che si dicevano su Alessia e mi sento in colpa per averla fatta soffrire – confessa Stefania – Mi sono presa anch’io la mia fetta di dolore sulle spalle, ma oggi è cambiato tutto: grazie a lei ho scoperto la lealtà e l’amicizia. Dico a tutti: si può cambiare e migliorare basta ascoltare gli altri e guardarsi dentro».
Oggi Alessia è la testimonial nazionale del progetto Cuori Connessi di Luca Pagliari. «Sono orgogliosa – dice – del percorso fatto e felice di poter aiutare altri ragazzi attraverso la mia esperienza. Lo dico nel film ma anche agli studenti che incontro: attenti alle parole, io avrei preferito essere picchiata perché le ferite fisiche guariscono, quelle psicologiche durano anni e forse non cicatrizzano mai».
«La mattinata è stata dedicata al tema del bullismo e ha visto la partecipazione, nella prima sessione, di una rappresentanza di tutte le scuole cittadine. La seconda sessione è stata riservata agli allievi del Ciusa. Al centro della mattina una vicenda di bullismo con un’evoluzione felice. La testimonianza di Alessia e Stefania, cuori capaci di connettersi ed incontrarsi, ha consentito di riflettere anche il ruolo fondamentale della Scuola anzitutto nell’ascoltare e consentire l’espressione serena e libera di ogni vissuto di disagio e sofferenza e poi nel creare e ricreare reti di empatia, capacità di confronto e dialogo. Una mattina preziosa, ha offerto sollecitazioni che sarà fondamentale cogliere e sviluppare con coraggio ed entusiasmo» dice la preside Silvia Meloni.
«In 25 anni di esperienza nell’Osservatorio provinciale per il bullismo è la prima volta che succede un’esperienza così virtuosa ed emozionante – commenta Gianfranco Oppo, presidente e ricercatore della coop Lariso – Ed è una storia che traccia la strada: bisogna lavorare sulle vittime ma anche sui bulli se vogliamo sanare le ferite provocate dal bullismo».
«Sappiamo ormai che il bullismo è più o meno presente in ogni scuola. Dobbiamo fare un passo avanti e costruire dei percorsi, come abbiamo fatto con Alessia e Silvia, dove non bisogna vivere il conflitto distruttivo ma incentivare il superamento della criticità e il rapporto costruttivo in cui la sinergia di chi patisce e chi fa patire può realizzare un rapporto come questo dagli esiti quasi fiabeschi» conclude Oppo.