«No alla collocazione di pale eoliche nella montagna di Scano Montiferro»! È la ferma decisione che il Consiglio Comunale di Scano ha opposto alla richiesta di alcuni privati di alienare alcuni ettari della boscosa montagna del paese a una società che intende collocarvi delle pale eoliche. Già nei giorni scorsi il sindaco di Scano, Antonio Flore, aveva palesato l’idea di fondare lo sviluppo del paese sulla valorizzazione delle risorse del territorio, prospettando un sentiero storico-naturalistico che percorresse il territorio dal paese fino al mare di Tresnuraghes.
A determinare la ferma intenzione dell’amministrazione è stata l’intenzione di alcuni privati di cedere parte dei loro terreni in montagna ad una società che vi impianterebbe le pale in cambio di un contratto di affitto ventennale. «Le ricadute positive di tale investimento sul nostro territorio – afferma il Sindaco – sono nulle a fronte della devastazione che un simile intervento produrrebbe, su un asset strategico fondamentale nella pianificazione di uno sviluppo sostenibile, gestito e governato dagli scanesi e non dalle multinazionali del vento». La decisione non è del tutto nuova.
Già nel 2014 si vietava, fino all’approvazione del PUC, le realizzazione di opere di edilizia e di trasformazione del territorio, nelle aree ricoperte di boschi, superiori ai 500 metri. Comunque venga valutata la decisione, dagli organi competenti, non si può fare a meno di ricorrere alla memoria, per ricordare come, nel tempo, si sia riusciti a conservare l’integrità dell’ambiente.
Risale a una trentina di anni fa, quando Scano era guidata dal sindaco sardista Mario Ghiaccio, il no della popolazione alla realizzazione del Parco del Sinis Montiferru. Altrettanto avvenne a Cuglieri. Qualche anno prima era stato bocciato a Bosa, un Parco Marino, proposto dal Presidente della Comunità Montana Marghine-Planargia. Le idee di parco in terra ed in mare erano state poi, invano, riprese dal primo cittadino di Tresnuraghes, allora Pippo Lubelli.
Ora che gran parte del territorio è andato distrutto dal fuoco, ed in mare non si pesca più come un tempo, chiudendo la raccolta dei ricci per tre anni e pensando al ripopolamento dell’aragosta, è fatale chiedersi se non sia stata una catastrofe adottare quegli atteggiamenti ostruzionistici e miopi, mentre la Sardegna si spopola sempre più e i giovani vanno via in cerca di lavoro. Con le fabbriche chiuse rimane la prospettiva di utilizzare il nostro patrimonio culturale e paesaggistico per creare occupazione.
Pier Gavino Vacca