Anche quest’anno Macomer non ha celebrato, pubblicamente, la “ Giornata della Memoria”, la ricorrenza istituita per ricordare la strage di milioni di persone, tra ebrei, omosessuali, zingari, Testimani di Geova e prigionieri di guerra, nonché dissidenti, perpetrata dai tedeschi nell’ultimo conflitto mondiale. La stele di Giovanni Palatucci insiste, solitaria e spoglia, nella grande rotonda di fronte al campo sportivo, circondata dalle erbacce.
Il Sindaco Antonio Succu e qualche assessore, hanno affidato il ricordo della giornata ai social. Forse sarà stata la maledetta pandemia a impedire una qualche forma di riconoscimento. Almeno un mazzo di fiori. E non importa se la figura di Giovanni Palatucci sia stata posta in discussione e poi riabilitata, mettendo in forse che avesse salvato tanti ebrei dalla morte sicura, per poi finire lui stesso nel campo di Dachau, a 35 anni.
Quando, alcuni anni fa, la stele fu collocata ad iniziativa della locale sede dei “Poliziotti in congedo” si sapeva che Giovanni Palatucci, reggente dal 37 al febbraio del 44, della questura di Fiume, arrestato e poi trasferito a Dacahu, dove morì di stenti nel 45, si era adoperato per salvare dall’internamento centinaia di persone. Vero o falso che sia, allora come adesso, il monumento rimane sempre un ricordo della crudeltà perpetrata sugli innocenti.
La storia insegna che bisogna stare sempre vigili. Non per niente qualche episodio, come il linciaggio di un bambino ebreo, della provincia di Livorno, da parte di due ragazzine di 15 anni, avvenuto 2 giorni fa, ci ricorda che l’antisemitismo è ancora, incomprensibilmente, vivo.
Così come il comparire di svastiche in qualche funerale di movimenti di estrema destra. Ma la preoccupazione è anche quella dettata dal fatto che la morte di 7 migranti nell’ennesima zattera della disperazione, quasi non fa più notizia. Ci piace ricordare, in questa circostanza, la figura resistente del vecchio Gustavo Salmon, di origine ebraica, che quando Mussolini arrivato a Macomer arringava la folla vicino all’ALAS, Gustavo, nonostante fosse stato diffidato, armatosi di cappello e bastone passeggiava ostentatamente nel Corso, manifestando il suo dissenso. Ma erano altri tempi.
Pier Gavino Vacca