Dopo 48 anni la battaglia sulla tampon tax è arrivata alla fine con esito positivo: nella manovra economica 2022 è prevista la riduzione dell’Iva per tamponi e gli assorbenti femminili dal 22 al 10%.
Finora i prodotti per l’igiene femminile sono stati considerati dei beni ordinari al pari di vino, sigarette e vestiti e con questo provvedimento rientrerebbero nella stessa categoria di birra, biscotti, caffè e cioccolato. La strada è ancora lunga per arrivare a considerarli beni di prima necessità, come alcuni prodotti alimentari, per i quali l’imposta sul valore aggiunto è fissata al 4%.
L’Iva sugli assorbenti femminili in Italia è stata introdotta per la prima volta nel 1973. All’inizio si trattava di una tassazione del 12% che poi nel corso del tempo, come è avvenuto per altri beni, è cresciuta fino ad arrivare al 22%. Nel 2016 il primo a porre la questione sotto i riflettori della politica è stato l’ex Pd Pippo Civati. Da allora ci sono state diverse proposte di legge mai discusse e vari emendamenti bocciati. L’ultimo tentativo nel 2019 è stato fatto da Laura Boldrini. L’ex presidente della Camera ha provato a rilanciare la battaglia con un emendamento per ridurre al 5% l’Iva, ma non è stato raggiunto il risultato.Cosa succede all’estero
In molti Paesi europei la situazione è migliorata da alcuni anni. La Germania, ad esempio, dal 1 gennaio 2020 ha stabilito un’imposta sui prodotti igienici femminili al 7%, precedentemente era l 19%. Anche il Lussemburgo è passato dal 17 al 3% e dal 2015 un provvedimento in Francia ha ridotto l’imposta dal 20 al 5,5% e il Belgio è passato dal 2018 dal 21 al 6%. Il Regno Unito ha portato la tassa al 5% nel 2000 e nel 2005 l’Irlanda l’ha eliminata.