Dalla Corea arriva Squid Game, un vero e proprio successo globale trasmesso da Netflix e che in tre settimane è arrivato al primo posto in 90 Paesi, dagli Usa a gli Emirati Arabi, dal Brasile alla Lituania, Italia compresa (nonostante non ci sia il doppiaggio in italiano, ma sia possibile vederla solo sottotitolata).
Numeri che secondo il co- amministratore delegato di Netflix Ted Sarandos, stanno per portarla a diventare la serie non in lingua in inglese più vista di sempre sulla piattaforma e potrebbero anche renderla la più vista e popolare in assoluto, superando Bridgerton. A firmare Squid Game come sceneggiatore e regista è Hwang Dong-hyuk, secondo il quale il tanto atteso sì al progetto è arrivato perché il mondo è diventato “un posto dove storie di sopravvivenza uniche e violente sono benvenute per i legami con la realtà che viviamo” ha spiegato al Koren Times. Il regista e sceneggiatore ha voluto riflettere nel racconto “la società competitiva di oggi – ha aggiunto con la Cnn -. Questa è una storia di perdenti che si barcamenano nelle battaglie quotidiane e vengono lasciati ai margini mentre i ‘vincenti’ continuano la loro scalata”.
Nello specifico si racconta la battaglia per la vita di 456 ‘concorrenti’ che accettano partecipare a una misteriosa serie di giochi per un ricco montepremi. Uomini e donne, di tutte le età, devastati dai debiti o da altri traumi, con carriere distrutte, violenze subite, crimini commessi o sogni di una nuova vita, portati su un’isola per ‘battersi’, tutti vestiti con la stessa tuta verde, in versioni riviste e corrette di giochi infantili, come Un due, tre stella il tiro alla fune o ‘il gioco del calamaro’ che dà il titolo anche alla serie.
Non si aspettano però che i perdenti nelle diverse manche vengano giustiziati e che ogni morto arricchisca il jackpot per il vincitore fino a 45.6 miliardi di won (circa 33 milioni di euro). Il tutto sotto il controllo di un frontman e le sue guardie / carnefici, armate di mitra, mascherate e incappucciate in divise rosse .
Tra gli interventi più pertinenti sulla definizione del gioco quella del giornalista e intellettuale Massimo Grammelini che scrive: «È la storia di 456 cristi che indebitati fino al collo decidono di partecipare a una sorta di “giochi senza frontiere” in cui un concorrente vince l’intero montepremi e gli altri 455 vengono eliminati fisicamente da guardie mascherate. Uccisi per il sollazzo di un manipolo di ricconi che assiste allo spettacolo dai maxischermi, scommettendo come alle corse dei cavalli».