Frodavano il fisco e sfruttavano i propri lavoratori sottopagandoli: nei guai cinque cinesi – VIDEO

È stata chiamata “Marco Polo” l’operazione messa a segno all’alba di oggi dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza tra la provincia di Torino e quella di Cagliari, su ordine dall’Autorità Giudiziaria di Torino, nei confronti di cinque soggetti di nazionalità cinese cui sono stati sequestrati beni per oltre 85 mila euro.

I provvedimenti sono stati eseguiti dai Carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro di Torino, supportati dai colleghi dell’Arma territoriale, insieme ai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza del capoluogo piemontese. Le ipotesi di reato sono associazione per delinquere, sfruttamento del lavororeati fiscali.

LE IMMAGINI DELL’OPERAZIONE:

Tutto ha avuto inizio da una denuncia presentata da cittadini extracomunitari richiedenti asilo, che lamentavano condizioni di sfruttamento lavorativo quali dipendenti di un’azienda di Torino che si occupava del confezionamento di pennarelli e penne. Le indagini hanno consentito di accertare che due indagati risultavano amministratori di una società di Torino che aveva stipulato contratti di fornitura di servizi per il confezionamento di scatole di pennarelli, penne e matite, con due diverse società committenti, una delle quali, la società affidataria dei lavori, non disponendo di lavoratori dipendenti, poteva vantare un DURC regolare. In realtà, i lavori venivano subappaltati ad altre imprese amministrate da familiari sodali, i quali provvedevano ad assumere formalmente i lavoratori che dovevano occuparsi del confezionamento.

Agli oltre 40 lavoratori individuati, tutti extracomunitari e in attesa del rilascio del permesso di soggiorno/protezione internazionale, veniva corrisposta in maniera reiterata una retribuzione palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali, sproporzionata rispetto alla quantità del lavoro prestato (a fronte di 10 ore di lavoro quotidianamente svolte, senza peraltro fruire di riposi settimanali, venivano riconosciute retribuzioni da 350 ad un massimo di 600 euro mensili, e comunque in base ai confezionamenti effettuati giornalmente), in violazione dei diritti garantiti e delle norme in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, approfittando del loro stato di bisogno.

Contestati a carico degli organizzatori del sistema anche reati tributari come l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, per praticare prezzi concorrenziali evadere poi il fisco, facendo figurare costi fittizi legati a prestazioni formalmente affidate in sub-appalto ma in realtà facenti capo unitariamente agli stessi associati. Il profitto di tali reati è stato quantificato in oltre 85mila euro e per tale importo l’Autorità Giudiziaria ha disposto sequestri su denaro e beni nella disponibilità degli indagati.

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Salvatore