Successo del “No Dipendenze Day”: “Un bambino digita almeno 2.700 volte al giorno il proprio smartphone”

Tremila alunni collegati in rete, più di 140 classi che con i rispettivi docenti hanno partecipato entusiasti all’evento. Record di un appuntamento, giunto alla sua decima edizione, ma che grazie alla tecnologia – per motivi di sicurezza sanitaria – ha reso possibile questa grande partecipazione. Il “No Dipendenze Day”, svoltosi al Teatro Moderno di Monserrato, va in archivio con grande soddisfazione dell’associazione Sport e Salute che anche stavolta ha promosso la campagna di sensibilizzazione e di prevenzione contro le maggiori dipendenze.

Il team delle dipendenze

Coordinato e condotto da Roberto Betocchi, l’evento è stato diviso in due parti: la mattina il collegamento riservato alle classi della provincia di Nuoro e Ogliastra, di Oristano e di Cagliari, e il pomeriggio con la diretta streaming aperta a tutti e strutturato in talk show, con ospiti illustri e professionisti del settore.

Gli alunni sono e saranno i veri protagonisti di questo progetto. Dal racconto scritto e interpretato sul palco da Gianluca Medas dal titolo “La Storia di Tablet”, i bambini delle scuole primarie parteciperanno al primo concorso di idee creando un elaborato sul tema, suggerendo come gli abitanti della città omonima debbano vivere meglio con la tecnologia al servizio delle persone. In palio quattro montepremi di 1000 euro, uno per ogni Istituto di ciascuna provincia, in acquisto di materiale didattico.

Gli elaborati verranno consegnati entro mercoledì 26 maggio, e la premiazione avverrà il 31 maggio, data non casuale, perché in calendario è la giornata mondiale contro il tabacco.

Gli interventi di Gianluca Sanna (ex funzionario della Polizia) e dello psicologo Simone Gargiulo sui rischi del web, quelli degli psichiatri Rossella Sitzia (sulla dipendenza da fumo) e Luca Floris (sul gioco d’azzardo), e quelli del nutrizionista Francesco Brai (sulla corretta alimentazione) e dell’insegnante di educazione motoria Gabriella Serri hanno chiuso i lavori della mattina.

Nel pomeriggio, sul palco del Teatro Moderno, grazie al contributo degli esperti si sono accesi i riflettori sul tema in modo professionale. Secondo gli ultimi dato raccolti dall’Osservatorio sulle Dipendenze, ad esempio, si calcola che mediamente ogni individuo – bambino e adulto – digita il proprio telefonino almeno 2700 volte al giorno, un dato che deve far riflettere.

Diversi i relatori che sono intervenuti nel corso dell’evento, ecco, alcune delle frasi più significative espresse nell’arco della giornata.

Ecco alcuni pensieri espressi dai relatori intervenuti nel pomeriggio:

Maria Teresa Coradduzza (Psicoterapeuta): “Educare alla consapevolezza” è una bella sfida, significa trasmettere l’esempio. Noi siamo fatti di emozioni, ce le abbiamo in ogni cellula, e quando la nostra vita quotidiana si impoverisce andiamo a cercarle dove ci sono. Quindi i like ti danno la gioia di essere importante, ma solo per un istante, rimanendo intrappolato in un sistema automatico di ricerca di un desiderio di un nuovo like.

Chiara Obino (Campionessa del mondo di Apnea Outdoor): “nello sport i sacrifici non possono essere chiamati tali, ma rappresenta il tempo che a noi piace. Un tempo dedicato a migliorare e raggiungere risultati che abbiamo sognato o che continuiamo a sognare. È importante che le regole che si danno ai bambini siano chiare e condivise, non devono essere imposizioni, hanno bisogno di impegnarsi e di credere in qualcosa. E noi adulti dobbiamo credere in loro”.

Don Michelangelo Dessì, (Direttore Istituto Salesiano Don Bosco di Cagliari): “Non mi piace l’utilizzo del cellulare da parte dei bimbi fin dall’età dell’asilo, anche perché l’utilizzo eccessivo porta a distrazione e stanchezza eccessiva. Gli effetti si vedono soprattutto negli adolescenti che camminano con questa protesi chiamata smartphone, dormono poco e la mattina sono poco concentrati. In questa epoca l’oratorio è un ponte. Purtroppo le famiglie sono lasciate sole, e occorre la comunità”.

Corrado Sorrentino (Campione del Mondo di Nuoto): “ho la fortuna di essere un allenatore dall’età di 21 e ora ne ho 47, e per fortuna il cellulare mentre nuotiamo non si usa. La difficoltà coi più piccoli la si avverte soprattutto durante le trasferte, quando durante i pasti gli atleti trasgrediscono la regola di non portare il cellulare a tavola. Questo perché la trasferta non è isolamento davanti al cellulare ma occasione per interagire con la propria squadra ma anche con gli avversari. Per fortuna, ho notato che chi pratica sport ha una visione differente nella vita quotidiana rispetto a chi non lo pratica e arrivano prima alla comprensione del problema. Ragazzi, non buttate via le opportunità e fate sport, insegna a non mollare nella vita e a non fermarsi di fronte alle difficoltà”.

Walter Uccheddu (Campione del Mondo di Ciclismo su pista e su strada): “un atleta dovrebbe essere dipendente solo dal suo sport. Io ho effettuato il mio secondo tentativo di record dell’ora per trapiantati, e appena 18 mesi prima l’ho fatto da dializzato: per dimostrare che il trapianto cambia la vita, in questo caso la dipendenza dalla dialisi”.

Bruno Denotti (Presidente Asnet): “Stiamo cercando di promuovere iniziative come la donazione. E’ fondamentale affinchè chiunque si trovi in difficili condizioni sul malfunzionamento dei reni, un eventuale trapianto dà la possibilità di ritornare alla vita normale”.

Efisio Crabu (Mental Coach) : “È importante la comunicazione non verbale, perché è importante che un genitore non predichi bene e razzoli male. Loro stessi usano i cellulari mentre dicono ai figli di non usarlo. Un bambino copia il comportamento non verbale che influisce sino al 55%, mentre il verbale solo sino al 7%. E’ quindi importante dare il buon esempio”.

Viviana Lentini (assessore alle Politiche sociali Comune Cagliari): “Il progetto No Dipendenze è importantissimo, è necessario far capire quali sono i rischi delle dipendenze, per dare consapevolezza dei problemi di salute che possono dare. I più piccoli devono esser informati perché riescono a capire tutto. È importante trasmettere l’importanza del corretto stile di vita”.

Graziella Boi (Psichiatra Direttore salute mentale e dipendenze ATS Sud Sardegna): “Il gioco d’azzardo è una grande piaga sociale. Per questo abbiamo messo in campo diversi progetti, come la campagna di comunicazione “non giocarti la vita”, dove i giocatori raccontano le loro esperienze, le storie personali e familiari e quando arrivano hanno alle spalle già abbastanza sofferenza. I più piccoli, soprattutto, hanno sperimentato anche più oltre il dovuto l’uso della rete, social e dei tablet e la preoccupazione è che molti di essi siano rimasti intrappolati. In questo periodo soprattutto la sofferenza della privazione della socialità ha dato loro la stura per fare e agire nella loro camera in maniera silenziosa e rumorosa. E quella richiesta d’aiuto non è stata sentita. Cala il rendimento scolastico, si rinchiudono, e sono gli genitori a chiedere soccorso e nonostante tutti i problemi abbiamo continuato a essere presenti nelle scuole per parlare del pericolo dell’uso della rete. Quali le soluzioni? I ragazzi vogliono scoprire i limiti per oltrepassarli. Per questo dobbiamo sviluppare un processo di interiorizzazione di imprinting di ciò che si può fare e no”.

Angela Quaquero, (psicoterapeuta e Presidente Ordine degli Psicologi): “Come possiamo aiutare le famiglie con il problema della dipendenza? Dobbiamo costruire con pazienza, costanza, reti sociali, rapporti, dialoghi. La vera sfida però è mantenere il tutto. La pandemia ha portato a parlarsi di più ma anche a cercare uno spazio virtuale. Oggi noi abbiamo bisogno di costruire luoghi di aggregazione, in cui parlare, e trovare momenti in cui confrontarsi e dettare delle regole sane da far rispettare da parte dei genitori”.

Giovanni Biggio, (Neuropsicofarmacologo) : “il cervello degli adolescenti è anatomicamente strutturato per essere più vulnerabile, in sviluppo. A loro piace il pericolo, perché nell’adolescente il segnale è più debole. La maturazione avviene molto più avanti. Alcuni elementi ci devono rendere particolarmente attenti: gli adolescenti sono circa 3-4 volte più sensibili a sviluppare una dipendenza rispetto agli adulti, sono vulnerabili allo stress. A questa età le trasgressioni ci sono, ma l’importante è non superare una certa soglia. La pandemia ha portato i giovani a rifugiarsi nella rete, loro dialogano e socializzano, ma importante è non farne un uso eccessivo. La percezione della dipendenza quando se non faccio quel qualcosa non sto bene, sono agitato. Per questo è fondamentale avere una sinergia tra genitori e figli”.

Sergio Solarino, (Oculista): “La vista è un organo principale per tutte le informazioni che ci arrivano. Oggi si parla di digital strain, la somministrazione di tutto ciò che accade tramite gli occhi. Esistono poi delle pratiche dannose come l’eyeballing, che provoca danni permanenti. In pratica, i ragazzi si sballano usando le mucose dell’occhio versandoci sopra l’alcool. È lesivo per la superficie corneale: se si fa in modo lieve i danni si possono recuperare, ma se la somministrazione di alcol è con una forte percentuale e per più secondi, si rischia il danno permanente alla vista. Anche nei più piccoli, l’uso eccessivo dei dispositivi digitali col tempo li porta a miopizzarsi, perché la distanza è sempre più ravvicinata e il mezzo digitale è solitamente a 30-35 cm, costringendoci a provvedere con farmaci e lenti apposite. Credo che i genitori debbano limitare le esagerazioni. La seconda osservazione è il problema dell’occhio secco, che tocca anche le fasce di età più giovani. Si sta troppo con gli occhi aperti, per molto tempo e gli occhi si seccano creando un danno infiammatorio che è importante. I genitori devono cercare di ridurre la dipendenza, anche senza togliere tablet e cellulari, magari cercando di farli utilizzare meglio”.

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Sonia