Almeno 18 persone sono rimaste uccise nella repressione delle manifestazioni in Birmania, nella giornata più sanguinosa dall’inizio delle proteste contro il golpe del primo febbraio. Lo riporta la BBC, citando fonti mediche a Yangon, Dawei e Mandalay, dove la Polizia ha usato proiettili veri e di gomma e gas lacrimogeni.
Intanto, la leader della Birmania deposta dal colpo di Stato dei militari, Aung San Suu Kyi, è comparsa in collegamento video davanti al giudice che dovrà processarla per “importazione illegale di walkie-talkie” e “per aver organizzato una protesta durante la pandemia”. A renderlo noto è il suo avvocato. Ma la leader birmana, durante l’udienza, è stata accusata di altri due crimini, ha detto il suo avvocato, Nay Tu, precisando che si tratta di “violazione delle legge sulla comunicazione e incitamento al disordine pubblico”. Il legale non ha potuto parlare con San Suu Kyi prima del processo. La prossima udienza è fissata per il 15 marzo. San Suu Kyi, 75 anni, non appariva in pubblico dal giorno del golpe, il primo febbraio. “Sta bene”, precisa il legale.
Le Nazioni Unite hanno condannato la violenta repressione e hanno esortato la giunta militare a smettere di usare la forza sui manifestanti pacifici. “Condanniamo fermamente l’escalation di violenza contro le proteste in Myanmar e chiediamo ai militari di interrompere immediatamente l’uso della forza contro manifestanti pacifici”, ha detto in una nota Ravina Shamdasani, portavoce del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Almeno 9 manifestanti sono stati uccisi oggi nella giornata più sanguinosa dall’inizio delle proteste.