La Procura di Milano ha aperto un’indagine “fiscale” su Uber Eats, filiale italiana del colosso americano già finita in amministrazione giudiziaria per caporalato sui rider, «per verificare se sia configurabile una stabile organizzazione occulta» dal punto di vista fiscale. Lo ha annunciato il procuratore di Milano Francesco Greco nel corso di una conferenza stampa convocata per fare il punto sulle indagini a tutela dei ciclofattorini avviate nel capoluogo lombardo. «È bene che sia aperta questa analisi fiscale su Uber Eats, peraltro già in corso», ha aggiunto Greco.
La Procura milanese nell’indagine sui rider che si è estesa a livello nazionale ha indagato 6 persone, tra amministratori delegati, legali rappresentanti o delegati per la sicurezza, delle società Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo, ha spiegato in conferenza stampa, via web, il procuratore aggiunto milanese Tiziana Siciliano che con il pm Maura Ripamonti è titolare del fascicolo. «Questa inchiesta – ha detto Siciliano – si è imposta perché questa situazione di illegalità è palese».
«Non è più il tempo di dire sono schiavi ma è il tempo di dire che sono cittadini – ha affermato Greco nel fare il punto della “prima fase” delle indagini milanesi sui riders che in questo periodo di lockdown svolgono “una funzione fondamentale” perché consegnano a casa dei cittadini il cibo e hanno permesso a molte imprese di non chiudere».
Oltre “60mila lavoratori” di società del delivery, ossia Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo, dovranno essere assunti dalle aziende come “lavoratori coordinati e continuativi”, ossia passare da lavoratori autonomi e occasionali a parasubordinati. E ciò sulla base di verbali notificati stamani alle aziende. «Diciamo al datore di lavoro di applicare per quel tipo di mansione che svolgono i rider la normativa, di applicare i contratti adeguati e quindi ci devono essere quelle assunzioni». Altrimenti saranno presi provvedimenti specifici. In Italia i rider «hanno un trattamento di lavoro che nega loro un futuro. Hanno un permesso di soggiorno regolare -prosegue Greco – ma non permettiamo loro di costruirsi una carriera adeguata».
Alle società del delivery che fanno lavorare i rider sono state “contestate ammende” sui profili di sicurezza dei fattorini per “oltre 733 milioni di euro”. Il dato impressionante è stato comunicato da Antonino Bolognani, comandante del Nucleo tutela del lavoro dei carabinieri. «Se le aziende pagheranno queste ammende, ciò consentirà loro l’estinzione del reato”, ha aggiunto Bolognani. In attività di verifiche sono stati controllati oltre 60mila fattorini. lavoratori esposti a rischi».