“In Sardegna la gestione della pandemia fa acqua da tutte le parti. Ancora una volta mi trovo a dover denunciare l’incompetenza di ATS Sardegna che, incurante di tutto, continua a portare avanti maldestramente lo screening “Sardi e Sicuri”. E lo fa pur sapendo che l’inaffidabilità dei test rapidi è altissima”.
L’attacco di Mara Lapia, parlamentare e componente della Commissione affari sociali e sanità della Camera dei deputati, riguarda non solo l’inaffidabilità dei tamponi rapidi usati nel monitoraggio che lo scorso fine settimana ha coinvolto i 52 comuni della Provincia di Nuoro, ma anche la decisione di far partire lo screening senza il supporto preventivo di esperti del settore.
“A Nuoro, su 582 tamponi positivi all’antigenico, solo 32 risultano ancora positivi dopo l’accertamento al molecolare. Parrebbe che a Dorgali i falsi positivi siano stati addirittura 300” prosegue la deputata, ribadendo che gli oltre cinque milioni di euro pubblici sono serviti per acquistare dei test dall’attendibilità scarsissima. “Gli stessi test che – sottolinea Lapia – sono stati definiti di recente dal coordinatore dello screening, il professor Andrea Crisanti, “pistole ad acqua contro il virus” e che, alla luce dei dati di cui sono venuta in possesso, sembrano avere un tasso di fallibilità pari al 94 per cento. Fallibilità che riguarda sia i falsi positivi che i falsi negativi”.
La deputata attacca l’ATS Sardegna anche sulla tempistica utilizzata per attuare l’intera campagna. “Con la delibera 83 del 15 febbraio 2021 l’azienda unica cerca degli esperti in emergenze infettive per studiare la situazione sarda. Mi corre l’obbligo di ricordare che la prassi, quando si fanno screening di massa, è ben diversa: all’inizio si chiamano gli esperti, i quali fanno ricerche, studiano statistiche, situazione sanitaria, geografica e sociale della Sardegna; poi si predispone il piano di attuazione. Dunque si procede con gli acquisti, e infine si attua lo screening. In Sardegna invece, si è fatto esattamente il contrario – prosegue Lapia, che aggiunge – “la Regione non è più supportata da esperti, perché il Comitato tecnico scientifico si è volatilizzato dopo il caso estivo dell’apertura delle discoteche. Non si sa, dunque, sulla base di quali conoscenze vengano prese le decisioni in materia di Covid 19”. La domanda conclusiva, per Lapia, non può essere che questa: “Siamo in mano a dilettanti o a irresponsabili?”