La variante inglese è ormai diffusa nella maggior parte del territorio italiano, almeno nell’88% del territorio secondo i risultati dell’indagine rapida condotta il 4 e 5 febbraio da Istituto Superiore di Sanità (SS) e ministero della Salute. È una diffusione notevole dovuta alla maggiore facilità con cui si trasmette questa variante, indicata con la sigla B.1.1.7 e una delle tre che stanno circolando nel nostro Paese, accanto alla brasiliana e alla sudafricana.
È un quadro tutt’altro che uniforme, quello che emerge dai primissimi rilievi fatti nelle regioni, e che indica come in alcune di esse la prevalenza della variante inglese, ossia il numero di casi identificati nei due giorni dell’indagine dell’ISS, raggiunga il 59%. È possibile alla luce del fatto che questa variante è più contagiosa dal 30% al 50% e potrebbe avere una mortalità superiore dal 30% al 70% rispetto ad “altre varianti non preoccupanti” in circolazione, secondo quanto scrivono gli esperti del New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (NEVRTAG), il gruppo britannico che assiste il governo nella gestione della pandemia e basati su 12 indagini indipendenti condotte in Gran Bretagna, dove la variante è stata scoperta il 20 settembre 2020.
Campanelli d’allarme arrivano dalle stesse regioni, a partire dall’Abruzzo, dove a Pescara il 65% dei contagi si deve alla variante inglese, secondo le stime del laboratorio di Genetica molecolare dell’Università di Chieti. “La variante è ora dominante”, afferma il direttore della struttura, Liborio Stuppia. In Campania l’Unità di crisi della Regione ha comunicato che un caso positivo su quattro è causato dalla variante inglese, e in Liguria è stata invece isolata la variante sudafricana in una paziente di 25 anni rientrata dall’estero. Sono segnali che spiccano su una situazione nazionale sostanzialmente stazionaria, stabile ormai da un mese. Con 85.000 casi, l’ultima settimana ricalca infatti i dati delle quattro settimane precedenti.
«E una situazione stabile, ma su numeri elevati: ogni giorno ci sono oltre 10.000 casi e 200 decessi – osserva il fisico Giorgio Sestili, fondatore della pagina “Coronavirus-Dati e analisi scientifiche’ e del network di comunicazione della scienza ‘giorgiosestili.it’. Una calma apparente confermata anche dal bollettino quotidiano del ministero della Salute, che come ogni lunedì indica un basso numero di nuovi casi in 24 ore, con 7.351 rilevati da 179.278 test, tra molecolari e antigenici, contro i 205.642 del giorno precedente. Il tasso di positività calcolato facendo il rapporto fra casi e positivi e totale dei test è sceso al 4,1% contro il 5,3% del giorno precedente, ma da tempo chi analizza i dati dell’epidemia non considera attendibile questo dato. È diverso il caso del rapporto fra casi positivi e tamponi molecolari, che è del 9,1%, l’11% in più rispetto al giorno precedente.
Sempre alto anche il numero dei decessi, con 258 sono stati il 17% in più rispetto ai 221 di 24 ore. Stazionaria la situazione nelle terapie intensive, con 122 ingressi e 2.089 ricoverati, con un saldo giornaliero di 4 unità in più tra ingressi e uscite. Sono 66 in 24 ore i nuovi ricoverati con sintomi nei reparti ordinari, per un totale di 18.515. Fra le regioni, l’incremento maggiore di casi positivi in 24 ore si è registrato in Emilia Romagna, con 1.391, seguita da Campania (966), Lombardia (945) e Lazio (760). S
empre dalle regioni ci sono altri dati da non trascurare: le analisi del matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac), indicano che ormai da tre settimane continuano ad aumentare in dieci regioni.