L’area archeologica di Tanca Manna, che sorge all’interno nell’omonimo parco sito nel quartiere Nuraghe, domina maestosa l’abitato di Nuoro, raro caso di parco archeologico ormai inglobato nel tessuto urbano cittadino.
Il sito di Tanca Manna è stato oggetto di varie campagne di scavo a partire dagli anni Sessanta, sotto la direzione delle Soprintendenza, prima a cura del professor Ercole Contu poi con l’archeologa Maria Ausilia Fadda e, dal 2012, in collaborazione e in concessione di scavo con l’Università di Bologna, alla presenza del professor Maurizio Cattani e in collaborazione con l’archeologa Florecia Debandi.
Abbiamo intervistato l’archeologo Demis Murgia, impegnato in prima persona nelle ultime campagne di scavo nonché responsabile del progetto di valorizzazione dell’area archeologica, il quale ci ha raccontato gli esiti del lavoro svolto finora dagli archeologi e le prospettive future.
Quali sono le particolarità dell’insediamento di Tanca Manna, quale la sua funzione nel territorio e come esso si inquadra nel panorama dell’archeologia nuragica della Sardegna?
«A oggi, gli scavi si sono concentrati principalmente nell’area del villaggio, dove sono state rinvenute diverse tipologie di capanne. E proprio questa pluralità di forme ci fornisce un’indicazione fondamentale per comprendere quale fu l’evoluzione della struttura abitativa; col passare del tempo questa muta da rettilinea (con planimetria rettangolare absidata) a circolare, che è anche la più diffusa in Sardegna e sussiste ancora oggi nei cosiddetti “pinnettos”, le capanne dei pastori. Tale processo evolutivo sembra dirci anche che i primi nuraghi furono costruiti insieme ai villaggi, strutturati con capanne di forma rettangolare.
Gli scavi, inoltre, hanno rivelato che la primitiva funzione del nuraghe non è mai stata di tipo cultuale, funzione relegata alle tombe dei giganti, di cui qui non è stata rinvenuta traccia.
Il villaggio di Tanca Manna ha avuto il periodo di massimo splendore durante tra Bronzo medio e quello recente, lo stesso in cui si ha l’evoluzione dell’età nuragica. Il sito è proprio l’espressione del momento in cui nasce l’idea di costruire i nuraghi e i relativi villaggi, passando per la fase in cui questi vengono prima utilizzati e poi abbandonati.
A Tanca Manna, così come abbiamo due varianti di capanne, abbiamo anche due tipologie di nuraghe: al primitivo proto-nuraghe addossato a un’emergenza granitica, infatti, durante quella che può essere definita l’età classica della civiltà nuragica, viene addossata una torre troncoconica, come generalmente accadde anche nel resto dell’Isola. Ed è proprio in questo passaggio che si può leggere il mutamento di funzione del nuraghe: il nuraghe diventa il simbolo dell’occupazione di un territorio, un simbolo che legittimava i suoi costruttori allo sfruttamento dell’area circostante».
Tanca Manna, almeno nella prima fase non ebbe funzioni cultuali. Nelle vicinanze, esistono altre aree riservate a questo tipo di pratiche?
«I materiali rinvenuti (macine, macinelli, fusaiole e manufatti in ceramica), inquadrabili tra il Bronzo finale e l’Età del ferro (tra il 1100 e il 700 AC) consentono di immaginare come si svolgeva la vita nel villaggio e, soprattutto, ci dicono che, mentre il villaggio è essere frequentato senza interruzioni, per un certo periodo di tempo il nuraghe viene abbandonato, per essere poi anch’esso riutilizzato. E il riutilizzo, questa volta avviene a scopo cultuale, un po come avviene in tutta la Sardegna. Stiamo facendo riferimento al momento di massimo splendore dei templi a pozzo, delle grandi aree cultuali, di cui a Nuoro abbiamo un ottimo esempio nel sito di Noddule».
Che rapporto ci fu tra Tanca Manna e Noddule?
«Nell’ambito dell’evoluzione dell’età nuragica, Noddule è un luogo complementare a Tanca Manna. Tanca manna è espressione perfetta della prima fase, Noddule, col suo nuraghe complesso (ancora da scavare), il suo villaggio e la sua fonte sacra (unica nel suo genere per il gusto estetico dei suoi costruttori che ne rifinirono la volta utilizzando materiali policromi), ci racconta come in quei luoghi si sia vissuta un’evoluzione diversa.
Mettendo a confronto i due siti possiamo apprezzare con chiarezza il passaggio tra i due momenti evolutivi, della nascita dell’idea dell’edificazione del nuraghe alla modifica della sua funzione, a opera di persone che non li costruivano più con la destinazione originaria ma, con l’esaltazione della sua struttura (nuraghi complessi), ne vollero creare il mito; e questa mutazione funzionale, potrebbe anche essere espressione delle probabili divisioni sociali verosimilmente che si vennero a creare in quella fase, divisioni che, invece, all’epoca del massimo splendore di Tanca Manna ancora non dovevano essere erano presenti».
Oltre alle attività di scavo, che tipo di indagini e di studio sono state svolte fino a oggi?
«Oltre agli scavi, per i quali ci si è avvalso delle più moderne tecnologie, dai rilievi 3D alle analisi archeobotaniche e micro stratigrafiche, a Tanca Manna si stanno portando avanti anche delle attività di archeologia sperimentale.
In questo ambito abbiamo affrontato varie tematiche: dalla ricostruzione dei vari capanne rinvenuti in situ (per valutare la quantità di materiale e le maestranze necessarie alla loro edificazione) alla ricerca e riproposizione pratica delle tecniche di cottura dei cibi e della fusione e forgiatura dei metalli.
I risultati di queste ricerche sono periodicamente resi fruibili ai visitatori nel corso di apposite giornate divulgative, con visite guidate frequentatissime soprattutto dai bambini, coinvolti in prima persona nelle attività».
Il lockdown che effetti avuto sulle vostre attività e sullo sviluppo del progetto?
«L’interruzione di tutte le attività durante lo scoppio l’epidemia da Coronavirus ha rallentato lo sviluppo del progetto complessivo che, come accennato, è finalizzato alla fruizione pubblica dell’area.
Avevamo previsto di completare i lavori e di effettuare la riapertura nelle scorse settimane ma ci siamo dovuti adattare alle mutate esigenze. Faccio un esempio: la realizzazione delle coperture lignee delle capanne non può essere portata a termine in quanto gli operai di Forestas, che avrebbero dovuto lavorarci, adesso sono impegnati nella lotta agli incendi. L’inaugurazione definitiva del parco archeologico, che sarà dotato anche di un’area ristoro e di spazi riservati alle rappresentazioni teatrali, ai concerti e alle proiezioni cinematografiche all’aperto, sperando che il Covid non riprenda vigore in autunno, è rimandata alla prossima primavera».
di Salvatore Novellu © Tutti i diritti riservati