Sarebbero ancora in Sardegna la manager russa e la figlia di 9 anni, portata via dalla donna con un blitz rocambolesco dal residence di Porto Cervo in cui stava trascorrendo le vacanze col padre, un facoltoso imprenditore romano.
Gli investigatori avrebbero fornito alla Procura di Tempio Pausania nuovi elementi con la speranza che la fuga dall’Isola possa ancora essere impedita. L’episodio risale a martedì mattina. Da allora i carabinieri della stazione di Porto Cervo, guidati dal comandante Giuseppe Innocenti e col supporto del comando territoriale di Olbia e del comando provinciale di Sassari, stanno battendo palmo a palmo il territorio e stanno setacciando porti e aeroporti.
Per ora la manager – passaporto americano, residenza a Montecarlo e la volontà di trasferirsi quanto prima in Svizzera col nuovo compagno – ha fatto perdere le sue tracce. Intanto emergono particolari anche sul blitz messo a segno per portare via la bambina e sparire. Secondo alcune testimonianze, nei giorni precedenti la donna e il suo complice erano stati visti in zona diverse volte, ma nessuno avrebbe mai immaginato che potessero premeditare un’operazione del genere.
Il padre della piccola, assistito dalle avvocate Francesca Fiori del Foro di Sassari e Valentina Vaccaro del Foro di Roma, è uscito dalla piscina ed è stato aggredito da un bodyguard russo. Scivolando ha riportato escoriazioni, tumefazioni e la lussazione di una spalla, ma il modo in cui è stato colpito e immobilizzato senza lasciare gravi conseguenze fa pensare a un’azione condotta da un professionista secondo un piano ben studiato.
Durante la colluttazione la donna è sbucata a bordo piscina, ha eluso la vigilanza della tata e ha portato via la figlia. Secondo quanto riferito ai carabinieri, la piccola sarebbe stata trascinata per i piedi mentre piangeva. Presa in braccio la bimba, la manager russa si è poi dileguata. Il suo guardaspalle ha atteso, dando così all’imprenditrice un pò di vantaggio per la fuga. In questo lasso di tempo, il padre della bambina è riuscito a scattare uno foto all’aggressore, che gli investigatori stanno ora usando per individuarlo.