Nonostante lo stipendio da 12mila euro al mese, anche i parlamentari hanno diritto al bonus da 600 euro per le partite Iva, poi salito a 1000. Qualcuno tra loro ha pensato che fosse non solo possibile, ma anche opportuno farseli dare. Quando si è saputo che sono almeno 5 i deputati (tre della Lega, uno M5S e uno Italia Viva) ad aver chiesto il bonus è scattata la mobilitazione generale. Le parole scandalizzate delle prime e seconde linee dei partiti non si sono fatte attendere. E c’è chi vede questa storia come una spinta a votare sì alla riforma del taglio dei parlamentari, al centro del referendum del 20 settembre.
«È una vergogna che cinque parlamentari abbiano usufruito del bonus per le partite Iva. Questi deputati chiedano scusa e restituiscano quanto percepito. È una questione di dignità e di opportunità. Perché, in quanto rappresentanti del popolo, abbiamo degli obblighi morali, al di là di quelli giuridici. È necessario ricordarlo sempre». Così il presidente della Camera Roberto Fico, rispetto al caso dei cinque deputati che avrebbero intascato il bonus partite Iva da 600 euro. Al presidente della Camera ha fatto eco Luigi Di Maio, che ne chiede le dimissioni. «Evidentemente non gli bastavano i quasi 13mila euro netti di stipendio al mese, non gli bastavano tutti i benefit e privilegi di cui già godono. È vergognoso. È davvero indecente» scrive il ministro su Fb. «I nomi di queste 5 persone sono coperti dalla legge sulla privacy. Bene, siano loro allora ad avere il coraggio di uscire allo scoperto. Chiedano scusa agli italiani, restituiscano i soldi e si dimettano, se in corpo gli è rimasto ancora un briciolo di pudore».
«Posso dire che è una vera vergogna?» scrive su Facebook Nicola Zingaretti. E Matteo Salvini, che subito ha puntato il dito oltre che sui deputati anche sull’Inps e sul governo, ‘reo’ di aver varato un decreto che consente anche ai deputati di percepire il bonus: «In qualunque Paese al mondo, tutti costoro si dimetterebbero” afferma. Poi, in una successiva dichiarazione corregge il tiro e si limita a chiederne “l’immediata sospensione». Più netta la posizione di Italia viva, che con il ministro e capo delegazione Teresa Bellanova chiede le immediate dimissioni dei parlamentari.
Giorgia Meloni lancia l’hashtag ‘Bonus Inps io no’: «Che squallore! Gli italiani sono in ginocchio e qualcuno nel Palazzo si preoccupa solo di arraffare sempre di più. Ma questo scandalo mette in evidenza anche una vergogna che Fratelli d’Italia ha più volte denunciato: il Governo, incredibilmente, non ha previsto alcun tetto di fatturato e di reddito per il bonus P.IVA, col risultato che ne ha diritto pure chi fattura milioni o ha altre importanti fonti di reddito» dichiara la leader di FdI. In effetti i bonus sono stati introdotti dai decreti ‘Cura Italia’ e ‘Rilancio’ per dare una mano a lavoratori autonomi e partite Iva a marzo e aprile, indipendentemente da quanto guadagnano o da un eventuale danno provocato dall’emergenza sanitaria. La richiesta andava fatta on line. Bastava il numero della partita Iva, il codice fiscale, la scelta della propria posizione ‘professionale’ e fiscale. Nessuna mail di conferma, i solidi arrivavano direttamente nel conto corrente. E la procedura andava fatta solo a marzo. Ad aprile il bonus scattava in automatico. A maggio invece è stato introdotto un tetto: solo per chi poteva dimostrare di aver avuto un calo del fatturato. Così, tra marzo e aprile sono stati erogati quasi 6 miliardi di euro. Il mese dopo si è scesi a 934 milioni. «Comportamento altamente inopportuno e immorale ma legittimo» conclude Sabino Caaese presidente emerito Corte Costituzionale