OK SOLIDARIETÀ MA NON SI PUÒ IMPROVVISARE: Attenzione ai dispositivi sanitari fai da te, ci sono “rischi gravissimi”. L’allerta arriva da Ernesto Iadanza, membro della commissione biomedica dell’Ordine degli Ingegneri di Firenze e docente di ingegneria clinica alla Università di Firenze, nonché presidente della divisione Health Technology Assessment (Hta) della Federazione mondiale ingegneri biomedici.
Va bene la solidarietà, avverte, «ma non ci si può improvvisare”. Di fronte all’ondata di solidarietà che si è alzata per rispondere alla drammatica carenza di dispositivi di protezione e sanitari, dalle mascherine ai ventilatori polmonari, gli ingegneri biomedici mettono dunque in guardia dai rischi del “fai da te”. Sono tantissime le richieste che arrivano in questi giorni agli ingegneri da parte di imprenditori e cittadini che vogliono mettersi a realizzare in proprio dispositivi medici o di protezione (Dpi) per pazienti e operatori sanitari. Ma Iadanza mette in guardia dai possibili rischi.
«C’è una grande confusione. Bisogna stare molto attenti, soprattutto a quello che circola sui social network: non si può pensare – prosegue Iadanza – di fare un respiratore polmonare usando il filtro di un aspirapolvere o una mascherina chirurgica con la fodera di una divano. Vanno bene le semplificazioni burocratiche concesse per agevolare la produzione di dispositivi in tempi di emergenza, ma bisogna stare molto attenti a ciò che si fa e ricordarsi che per garantire la salute e la protezione delle persone servono le giuste competenze».
«È bene ricordare – aggiunge Francesca Satta, coordinatore commissione biomedica e consigliere dell’Ordine degli Ingegneri di Firenze – che per realizzare dispositivi sanitari di questo tipo sono necessarie competenze specifiche che si acquisiscono solo con un solido percorso di studi universitari ed un’etica professionale garantita dal codice deontologico che l’iscrizione ad un ordine professionale chiede di rispettare«.
MAI TERAPIE FAI DA TE: La preoccupazione generata dall’emergenza Covid-19 ha scatenato, spiega Patrizia Popoli, direttrice Centro Nazionale Ricerca e Valutazione Preclinica e Clinica dei Farmaci dell’Istituto Superiore di Sanità, in alcuni casi, “una vera e propria ‘caccia al farmaco‘. Molto spesso tale atteggiamento è incoraggiato da informazioni fuorvianti che circolano sul web”. Secondo l’esperta, “bisogna tuttavia chiarire, innanzitutto, che al momento non esiste alcun farmaco che abbia come indicazione terapeutica la prevenzione o il trattamento di Covid-19”. In considerazione della situazione di emergenza, spiega, “alcuni farmaci già noti ed utilizzati per il trattamento di altre malattie possono essere usati in pazienti con Covid-19, ma tale trattamento (che si basa su conoscenze ancora incomplete ed è giustificabile solo a fronte della mancanza di alternative) può avvenire solo su prescrizione medica. Solo il medico può decidere quando usare questi farmaci e può controllarne la sicurezza nel singolo paziente”. Al fine di favorire lo sviluppo di nuovi farmaci, inoltre, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), conclude Popoli, “sta semplificando ed accelerando le procedure di sperimentazione clinica, e ad oggi sono stati autorizzati già diversi studi che hanno l’obiettivo di verificare l’efficacia e la sicurezza di diverse molecole”.