Quando si parla di donne, quando si decide di riflettere in maniera seria sulla condizione femminile nella sua interezza è facile esser tacciati di “integralismo”.
Per questo motivo e sempre di più, queste riflessioni sono supportate da dati concreti e, purtroppo, significativi: il Rapporto 2019 AlmaLaurea sulla Condizione occupazionale dei laureati ad esempio, ha evidenziato pesanti disuguaglianze di genere.
Tra i laureati magistrali biennali, infatti, dopo 5 anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere sono pari a 6 punti percentuali in termini occupazionali: il tasso di occupazione è pari all’83,0% per le donne e all’89,0% per gli uomini.
Per quanto riguarda i contratti a tempo indeterminato, questi si confermano prerogativa tutta maschile: 63,0% per gli uomini e 52,6% per le donne.
Le cifre sono ovviamente legate anche alle scelte professionali di entrambi i generi; le donne, secondo il Rapporto s’ inseriscono principalmente nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento incontrando difficoltà nella stabilizzazione contrattuale.
Differenze di genere confermate anche dai dati sulle retribuzioni: tra i laureati magistrali biennali che hanno iniziato l’attuale attività dopo la laurea e lavorano a tempo pieno,1.688 euro è la cifra netta mensile per l’universo maschile e 1.444 euro quella femminile.
La fatica nella realizzazione professionale da parte della donna non è un’opinione, come dimostra anche questo studio ed ulteriore conferma si ha apprendendo che, a cinque anni dal titolo magistrale svolge un lavoro a elevata specializzazione il 46,8% delle donne e il 55,5% degli uomini.
Un quadro desolante che dipinge una realtà femminile meno gratificata a livello lavorativo e retributivo, in opportunità e potere contrattuale; la penalizzazione, termine che fa anche un pò orrore, aumenta in presenza di figli.
Il differenziale occupazionale a cinque anni dalla laurea sale addirittura a 27,3 punti percentuali tra quanti hanno figli: il tasso di occupazione è all’89,7% per gli uomini, rispetto al 62,4% per le donne.
Anche tra le stesse laureate ci sono differenze quando si sceglie di essere madre: a cinque anni dal titolo, le laureate senza prole occupate sono l’83,7%, con un differenziale di 21,3 punti percentuali rispetto alle donne con figli.
In termini contrattuali si ripete e rinnova la stessa problematica: tra quanti hanno figli i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato riguardano il 62,0% degli uomini e il 42,3% delle donne; se parliamo ancora di cifre, gli uomini percepiscono 1.738 euro.
E le donne? La loro retribuzione è di quasi 400 euro in meno: 1.371 euro.
No, la disuguaglianza di genere non è fantasia.
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