Perdìta Basigheddu. Un nome che riecheggia nella nostra città ma del quale poco o nulla si sa realmente. Un nome che evoca scenari drammatici e tragici di una Nuoro del Seicento che si piega anch’essa alle dinamiche della “Santa” Inquisizione. A mettere insieme le poche ma importanti informazioni su quel periodo buio e sulle sorti della nostra concittadina è l’appassionato storico e ricercatore Salvatore Pinna: «tutto è nato per caso nel 2014, quando un’amica, Maria Sanna, mi dice che nell’esame di Storia delle religioni del compianto professor Tommasino Pinna dell’Università di Sassari si doveva studiare un testo monografico su Giulia Carta, la “strega di Siligo” e che vi era contenuta una citazione su Pedrita “Basiquedo”, sua compagna di cella».
La curiosità spinge Pinna a contattare direttamente il professore, che lo informa che nell’Archivio Nazionale di Madrid sono contenute poche righe riassuntive di tutte le cause eseguite o aperte.
Per Salvatore è quanto basta per recarsi a Madrid, dove trova un resoconto dell’Inquisitore generale in Sardegna, giunto nell’Isola in seguito ad alcune denunce, dove è citata, appunto, Pedrìta Basigheddu.
Non si conosce molto della vita di Pedrìta (o Perdìta) ciò che si sa è che, accusata per la sua attività di preparazione di unguenti a base di erbe e rinchiusa nel castello aragonese di Sassari, viene torturata per estorcerle una confessione.
Di fatto, il 23 ottobre 1605 Perdìta si riconcilia con la Chiesa e la pena di morte non è eseguita: la donna è condannata al Sambenito perpetuo.
Qualche dettaglio utile alla ricostruzione si trova in un atto notarile risalente al 1611, stilato a Cagliari, nel quale “la strega di Nuoro” nomina Salvatore Manca suo procuratore per ripagare un nobilotto del danno ricevuto da suo marito, che ne aveva disperso il gregge.
«La scoperta più eclatante è stata fatta grazie a Raffaele Cau, mio amico e genealogista, che mi ha indirizzato verso la campana della Chiesa della Solitudine dove in catalano ho trovato la data della realizzazione, 1622 ed il nome di chi l’ha commissionata: Pedrìta Basigheddu.
L’opera è stata realizzata da Juan Pira, un famoso artigiano campanaro ed è costata non meno di 150, 200 lire, una somma ingente per quell’epoca».
La campana colloca la Chiesa tra quelle più antiche della città e chiarisce i dubbi sul nome : Sancta Maria de la Soledat è infatti un titolo Mariano tipicamente spagnolo, che non nulla ha a che vedere con l’isolamento geografico in cui si trovava.
Con ogni probabilità, la campana è un ex voto della nostra concittadina seicentesca, per la sua liberazione e per aver scampato la morte al rogo.
Si tratta dell’unica campana in Sardegna e probabilmente a livello nazionale ad essere stata fatta realizzare da un ex inquisito.
Questo è ciò che ci resta del passaggio terreno di Perdìta a Nuoro, durante un momento storico che sembra lontanissimo da noi e che, invece, ha travolto la vita di una donna che, a quanto pare, una volta salva, non è più tornata nella sua città, dove probabilmente ancora viveva chi l’aveva accusata.
Fatima Becchere
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Complimenti, davvero molto interessante, la storia delle donne penitenziate in Sardegna perché accusate di stregoneria è ricca e ci appartiene, è importante valorizzarla