Dallo spazio si può vedere la Terra respirare e pulsare, soffrire per gli uragani e gli incendi o splendere di bellezza: per questo «è il momento di agire per tutelarla»: questa la sintesi del discorso fatto, con la voce rotta dall’emozione, dall’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) Luca Parmitano al rientro dalla sua missione Beyond.
«Guardare la Terra dallo spazio – ha detto Parmitano nel corso di una conferenza stampa tenutasi nel Centro per l’addestramento degli astronauti (EaAC) a Colonia – significa capire che l’uomo è fatto per esplorare nuove frontiere e superare ostacoli. Pensi di conoscere il pianeta, poi lo vedi da lontano e ti rendi conto che e un sistema vivente. Le nuvole che si muovono con il vento sono il suo respiro, l’acqua dei fiumi e degli oceani è il suo sangue”. Dalla quota di 440 chilometri vediamo la fragilità del nostro pianeta e ci rendiamo conto che l’atmosfera è davvero sottile. Da lassù ho visto uragani di intensità notevole, come quelli che hanno colpito le Bahamas e Puerto Rico; ho visto anche i fuochi delle foreste amazzoniche, quelli dell’Africa e da settembre a gennaio ho fotografato i fuochi che hanno tinto di rosso l’Australia».
Per Parmitano la fragilità del nostro pianeta evidente «ma l’elemento più fragile siamo noi perché la vita continuerà ben oltre la capacità dell’uomo di superare i danni che sta causando. La vita continuerà, ma non è detto che ci sia ancora l’uomo: se vogliamo continuare a esserci è il momento di agire».
Difficile dire quale sia stato il momento più emozionante: le sue passeggiate spaziali acrobatiche e uniche nella storia dell’era spaziale sono indimenticabili: solo due anni fa sembrava impossibile riparare uno strumento come il cacciatore di antimateria Ams-02, ma «se puoi pensare a una soluzione vuol dire che questa è possibile perché – ha aggiunto – abbiamo il desiderio, l’istinto e la necessità di superare gli ostacoli e di andare oltre».
Senza dubbio è stato il fattore umano a colpirlo di più. Basti pensare al modo in cui ogni astronauta vede la Terra dallo spazio: «la stessa inquadratura presa da persone diverse è diversa, è una cosa speciale che i satelliti non sono in grado di fare, possibile solo con il volo umano». Quanto alle prime passeggiate spaziali al femminile, quelle delle colleghe Jessica Meir e Christina Koch, l’astronauta ha trovato «straordinario che ci sia voluto troppo tempo, se vogliamo fare esplorazione planetaria abbiamo bisogno di tecnologie che ci permettano di coinvolgere tutti».
Ma soprattutto «lo spazio riunisce persone con retaggi culturali diversi – ha detto Parmitano riferendosi al primo astronauta degli Emirati Arabi, Hazzaa Al Mansoori, e la collega americana Jessica Meir arrivati sulla Stazione Spaziale con lo stesso volo della Soyuz, nel settembre scorso. Le persone lavorano sulla Stazione Spaziale come un equipaggio e rientrano a Terra come fratelli e sorelle». Questo, ha concluso «ha un’importanza particolare in un momento come quello che stiamo vivendo sulla Terra».
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