L’emotività è donna: questo il pensiero dominante che le donne italiane che ci hanno preceduto si sono sentite ripetere fin dal primo vagito e che fino al 1 febbraio 1945 ha impedito loro di esprimere il voto e partecipare alla vita politica del paese.
Dalla metà dell’Ottocento in Europa, però, iniziano a germogliare timidamente le Associazioni favorevoli al voto per le donne, che troveranno terreno fertile nella fredda Inghilterra, che lotterà strenuamente per creare la National Union of Women’s Suffrage Societies, le cui adepte saranno chiamate in maniera dispregiativa “suffragette” ed otterranno nel 1928 l’accesso al voto.
Nel nostro Paese Mussolini ammette le donne al voto nel 1924, ma è propaganda: con le leggi “fascistissime” la donna torna ad essere “solo” l’angelo del focolare.
Dopo la guerra, l’Unione Donne Italiane si mobilita non solo per il diritto di voto ma per quello di eleggibilità: la data storica è dunque quella del 1 febbraio 1945.
Il voto femminile diventa legge, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi.
Si dovranno attendere ancora le elezioni amministrative del 1946 per esercitare il diritto ed il 2 giugno per partecipare al cambiamento straordinario dell’Italia, che con il Referendum sceglie la Repubblica.
Per essere elette si dovrà, ancora, pazientare ed attendere il nuovo decreto del 10 marzo 1946 con l’affluenza femminile che supera l’89%.
Un giornale nazionale invita le donne a votare senza rossetto per non macchiare la scheda, suggerendo di utilizzarlo appena dopo, ma è già qualcosa.
21 saranno le donne elette alla Costituente, un piccolo 3% che ha cambiato le vite delle donne, “madri” di diversi schieramenti che riusciranno a compattarsi per i temi fondamentali che le accomunano senza distinzione di colore politico: uguaglianza , famiglia, riconoscimento dei figli fuori dal matrimonio, parità salariale, accesso alle donne alle professioni.
Ci strappa un sorriso amaro leggere che alcune battaglie si ben 75 anni fa sono ancora le stesse che il mondo femminile si trova a combattere nel 2020: molto è cambiato, ma è ancora poco. Troppo poco.
Lampeggiano sul nostro computer, ogni giorno notizie di femminicidio, di abusi, di ingiustizie quotidiane perpetrate contro le donne, in una escalation senza pause, con l’emotività ancora usata come pretesto per l’esclusione o la denigrazione.
Non possiamo esimerci dal ringraziare idealmente queste “giganti” e tutte quelle che hanno lottato al loro fianco: 1 febbraio 1945, una data da non dimenticare.
F.B.
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