3 milioni di persone in Italia soffrono di depressione e, di queste, 2 milioni sono donne: un dato preoccupante, evidenziato dagli esperti dell’Osservatorio nazionale sulla salute della donna.
Le cifre, in termini di costo sociale, sono altrettanto allarmanti: annualmente, la depressione in forma maggiore o grave fa perdere circa 42 giorni di lavoro, cioè uno a settimana.
Purtroppo, nonostante questo, l’Italia riserva solo 3,5%di spesa sanitaria per salute mentale: una percentuale che stride contro l’8-15% dei paesi del G7.
L’indagine dell’Osservatorio ha rilevato inoltre che, su 300 pazienti italiani con depressione maggiore resistente ai farmaci, il costo medio sanitario è di 2.612 euro a paziente, mentre quello indiretto di 7.140 euro.
Questo significa non solo un costo sociale di 4 miliardi di euro annuali in termini di ore lavorative perse, ma anche che, ogni paziente spende, pagando personalmente, circa 615 euro .
«Oltre ai costi diretti – ha spiegato Francesco Saverio Mennini, docente di Economia Sanitaria all’Università Tor Vergata di Roma – anche quelli indiretti possono gravare in maniera importante».
Le affermazioni di professor Mennini trovano facilmente riscontro: i costi previdenziali delle assenze dal lavoro per depressione maggiore, tra il 2009 e 2015 sono stati di 650 milioni di euro per assegni di invalidità e pensioni di inabilità, con un incremento dei costi del 40%.
«Tra i Paesi del G7 l’Italia è l’unico a non avere più ospedali psichiatrici. Abbiamo meno operatori – ha aggiunto Enrico Zanalda, Presidente della Società italiana di Psichiatria – ed una minore percentuale di spesa sanitaria per la salute mentale».
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