Il Maestro di Castelsardo, considerato una delle più autorevoli espressioni del Rinascimento sardo, era anche uno scultore.
La clamorosa novità è stata svelata nella cattedrale del borgo medievale in occasione della presentazione di Il retablo perduto, inedita opera letteraria curata da don Francesco Tamponi, direttore dell’ufficio Beni culturali e Commissione per l’Arte sacra della Diocesi di Tempio-Ampurias, per i tipi di Susil Edizioni di Carbonia.
Indagando, si è così scoperto che la bottega artistica del Maestro produceva anche statue in legno, come quella di Sant’Antonio Abate – cui peraltro è intitolata la cattedrale castellanese – che dal Settecento si trovava in sacrestia, separata dal resto di quel retablo di cui ormai non resta che un quinto. La statua era in realtà al centro della composizione che per più di un secolo, tra la fine del Quattrocento e la fine del Cinquecento, stava al centro dell’altare, finché non venne smontato in epoca post conciliare per volontà del francescano Juan Sanna Porcu.
Dopo le ricerche di archivio che avevano già portato don Tamponi sulla strada giusta, consentendogli attraverso la ricostruzione delle diverse fasi della realizzazione della cattedrale di Castelsardo di riportare alla luce la storia di quello che probabilmente è il più grande retablo in Sardegna, ora c’è anche la prova scientifica.
«È stata un’impresa realizzata dai professori Francesco Delogu, Carlo Ricci e Maria Laura Sanna dell’Università di Cagliari – spiega Tamponi – hanno documentato che i pigmenti della statua e il resto del retablo risalgono allo stesso periodo». Questa tesi, già convalidata da Claudio Strinati, massimo esperto del Rinascimento romano e fiorentino, apre le porte a nuove ricerche per individuare altre sculture riferibili alla stessa bottega.