Una platea costituita soprattutto da studenti delle scuole nuoresi, ha assistito all’incontro dibattito tenutosi questa mattina al teatro Eliseo con Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, il giudice ucciso dalla mafia nella strage di via d’Amelio il 19 luglio 1992.
Si è discusso di cultura della legalità, con l’invito ai giovani di non sottomettersi all’omertà e non girare le spalle alle ingiustizie ma di ribellarsi a un certo ragionamento di mutismo e rassegnazione e combattere per i propri diritti «a casa, al lavoro, vivendo una vita onesta e senza coinvolgimenti con le mafie di ogni genere».
«Il maggior insegnamento che mi ha lasciato mio padre, come tanti altri grandi uomini che sono morti per una causa, è quello di fare il nostro dovere. Quando mi chiedono cosa è la mafia, la mafia non è solo una organizzazione fatta di codici e regolamenti ma è anche una mentalità e un’atteggiamento nei confronti della vita» ha precisato la figlia del magistrato la quale, dopo un lungo e caloroso applauso dei presenti, ha rivolto un pensiero alle moglie e alle famiglie che hanno supportato e supportano le attività degli uomini dediti al lavoro dell’avvocatura e della magistratura. «Non ci siamo mai sottratti ai nostri doveri nemmeno nei pericoli e nelle prove più imminenti neanche quel 19 luglio 1992».
L’avvocato penalista Patrizio Rovelli ha parlato delle prime indagini che cercarono di fare luce sulla strage di via d’Amelio dove inizialmente ci furono degli errori giudiziari «il pregiudicato Vincenzo Scarantino (coinvolto come uno degli esecutori della vicenda) indicò delle persone che niente avevano a che fare con questo fatto delittuoso e si fecero anni di carcere da innocenti».
«La presenza di Fiammetta Borsellino è uno straordinario segno di democrazia, la nostra toga rappresenta questo» ha detto il presidente dell’ordine nazionale forense Andrea Mascherini in una lettera letta dall’ex presidente degli avvocati nuoresi Priamo Siotto.
«C’è stata un’attività investigativa con quattro processi condotti male, dove ci sono state delle anomalie che hanno fatto scaturire l’allontanamento della verità e ciò si chiama depistaggio» rimarca la figlia di Borsellino a proposito delle indagini e le udienze che caratterizzarono l’iter processuale del padre. «Il processo è un luogo in cui la verità deve essere accertata e se non si è in grado di fare questo allora emergono verità alternative che, non restituiscono la realtà. Il processo ha la finalità di restituire o escludere la responsabilità degli imputati» ha precisato Vincenzo Amato il presidente del tribunale di Nuoro parlando sopratutto agli studenti presenti in sala e citando il Giorno del Giudizio di Salvatore Satta.
L’intervento della giornalista Giusy Ferreli, che ha parlato delle difficoltà di raccontare la verità in un processo penale, mettendo in risalto anche gli errori giudiziari che ci sono stati nella ricostruzione della vicenda della strage di via D’Amelio e rimarcando la responsabilità civile che tutti hanno nel non dimenticare questi fatti.
Un silenzio che caratterizzò specialmente il processo numero quattro sulla morte di Borsellino. Tra i tanti misteri che circondano questa vicenda, Rovelli ha ricordato anche la sparizione della famosa agenda rossa del magistrato. La sentenza del processo quater di Borsellino, 1800 pagine, sarà pubblicata da domani online sul sito OPG (osservatorio della Giustizia).
L’avvocato penalista Giovanni Murru ha ribadito come la strage di via D’Amelio sia stata un fatto storico che ha motivato una serie di avvenimenti della Storia d’Italia, dall’inchiesta di mani pulite all’ingresso di Berlusconi in politica e all’uccisione di Salvo Lima. Come esempio massimo di depistaggio in Sardegna, l’avvocato Murru ha ricordato il caso della sparizione dell’avvocato cagliaritano Manuella. Un processo che si svolse con oltre 100 udienze e vide condannare ingiustamente tanti avvocati, riscattati anni dopo.
In conclusione, è stato dato spazio alle domande degli studenti: tra quelle più pertinenti quella di una liceale che ha chiesto quale ruolo possono avere i giovani oggi per combattere le mafie; poi è stato ricordato dagli studenti l’isolamento e la solitudine nel quale si trovò non solo il magistrato da vivo ma anche la sua famiglia.
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