Nuovo stop per il termovalorizzatore di Tossilo che, ieri mattina, su iniziativa del Procuratore della Repubblica di Oristano, ha visto un blitz della Polizia giudiziaria per l’apposizione dei sigilli nel cantiere dove lavorano una trentina di operai.
Non è dato sapere la causa dell’intervento ma, secondo alcune indiscrezioni, si tratterebbe di motivazioni legate all’autorizzazione integrata ambientale ed al VIA (Valutazione di Impatto Ambientale).
E così ricomincia la vicenda del va e vieni della realizzazione dell’opera. Il VIA e l’AIA erano in vigore, concessi dalla Provincia di Nuoro e dalla Regione fin dalla fine del 2014, con una conferma definitiva nel 2015.
La cosa non è mai piaciuta alle associazioni ambientaliste, in prima linea “Non Bruciamoci il Futuro” e “Zero Waste Sardegna”, a cui si era unita, in un secondo tempo, “L’Unione dei Comuni della Barbagia”. Insieme avevano fatto ricorso al TAR che, nel 2016, aveva bloccato l’intero iter. A muovere le obiezioni degli oppositori alcuni dati epidemiologici sulle malattie tumorali ed altre, con il sospetto che a provocarle siano state le esalazioni degli inceneritori.
D’altro canto, invece, si sostiene che i termovalorizzatori di moderna concezione siano sicuri, a tal punto che sono collocati al centro di grandi città europee e, in quanto ai dati epimideologici, non differiscono dal trend comune a tutta la Sardegna.
La costruzione era ripresa nel luglio del 2017, dopo il ricorso della Regione e del Consorzio Industriale, quest’ultimo contestato perché commissariato. L’amministrazione di Macomer, sulla questione, ha adottato una posizione intermedia: si vada avanti fino all’aumento al top della raccolta differenziata e poi si dismetta. Gli oppositori obiettano che l’impianto è sovradimensionato e propongono soluzioni alternative.
Recentemente c’è chi, a livello internazionale, ha ripreso il discorso dei termovalorizzatori partendo dalla considerazione che, dell’enorme quantità di plastica che invade attualmente la terra, il 40% non è riciclabile e che, già da tempo la mangiamo, sotto forma di microplastiche, contenuta in vari alimenti, soprattutto pesci. La soluzione sarebbe, secondo questi ultimi, la termovalorizzazione.
Pier Gavino Vacca