ISRE: “La cena delle anime” di Ignazio Figus premiato alla rassegna internazionale “Vittorio De Seta”

“La cena delle anime”, cortometraggio di Ignazio Figus prodotto dall’Isre, Istituto Superiore Regionale Etnografico di Nuoro, ha vinto il secondo premio alla Rassegna Internazionale di Documentari Etnografici “Vittorio De Seta”, nella serata della premiazione che si è svolta in Calabria, a Castrovillari (Cosenza).  È un grande risultato, che premia il lavoro dell’autore e l’originale vicenda che racconta, quella della signora Pasqua Goddi, una vivace ottuagenaria di Orune che, in occasione della commemorazione dei defunti, il 2 novembre, prepara come ogni anno un sontuoso banchetto destinato ai morti della sua famiglia.

«È una grande soddisfazione ricevere questo premio nella rassegna intitolata al grande maestro Vittorio De Seta, la cui opera è per me e per tutti coloro che a vario titolo si occupano di cinema, un riferimento imprescindibile» racconta a caldo Ignazio Figus. E la pellicola, nei fatti, rafforza ancora una volta il legame tra la Sardegna e l’autore di Banditi a Orgosolo, siciliano di nascita  ma calabrese a tutti gli effetti.

La rassegna, omaggio  al grande regista e documentarista dell’approccio etno-antropologico, maestro  dell’antropologia visuale, ha premiato il film di Ignazio Figus con questa la motivazione: “Per aver analizzato in maniera attenta ed esaustiva sul piano della documentazione etnografica, servendosi di una completa padronanza dello specifico filmico, la tradizionale cena dedicata ai defunti in un paese della Sardegna”.

Il cortometraggio racconta di un’antica usanza, ancora viva nella Sardegna dell’interno, di lasciare servita in tavola, nella notte tra il primo e il due novembre, la cena per i propri morti, costituita da un pasto completo caratterizzato dasos macarrones de sos mortos (i maccheroni dei morti). A Orune, nella Sardegna centrale, Pasqua Goddi descrive la preparazione del banchetto e alcuni rituali a esso connessi, non senza punte di tagliente ironia ma nel massimo rispetto della tradizione.

«In un’ambientazione novembrina, nebbiosa, un po’ cupa, stemperata dalla tagliente ironia della protagonista», spiega Ignazio Figus “ho avuto modo di documentare quel rito familiare, intimo, così denso di significati per chi lo opera e per chi vi assiste. La signora Pasqua appare ieratica nel suo atteggiamento antico: la cucina si trasforma in un santuario e il tavolo imbandito in un altare. L’anziana donna, sacerdotessa officiante del rito, assurge a paradigma, espressione di una religiosità popolare che opportunamente riconduce i morti al luogo a cui appartengono, la famiglia, per consumare il pasto comune. Un’idea, questa, vicina al significato originario della messa, detta, infatti, Coena Domini, Cena del Signore».

Accanto a questo clima “liturgico” si manifesta la potenzialità teatrale della signora Pasqua, dotata di un’ampia gamma di espressioni ironiche, divertenti e graffianti, sapientemente distillate nel corso delle riprese. Come quando, subito dopo aver invocato l’aiuto delle anime per le incerte sorti del mondo, rivolgendosi alla camera, a quelle stesse anime dice: “…e criccade a Luciferu puru, in su Chelu chi siat a pedes a focu…” e aggiunge: “…e ponies finzas sos de su guvernu a pedes a focu!” (“…e cercate anche Lucifero, che sia in Paradiso con i piedi nel fuoco…”; “…e mettete con i piedi nel fuoco anche i nostri governanti!). Ma si tratta di fugaci “siparietti”. L’anziana donna è in verità profondamente compresa nel suo ruolo di medium: i suoi silenzi e i suoi gesti precisi sono gli elementi portanti di un’osservazione filmica calata in un livido bianco e nero, in un’opera di accorata e composta osservazione che trasforma un tavolo imbandito in un altare, la cucina di un’antica casa nel santuario dell’officiante.

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Sonia