Da un ampio e dettagliato rapporto fatto dal Governo piemontese sopra la sua condotta, risulta che il presule fece di tutto per non risiedere a Nuoro (pur non rinunciando al titolo e alle rendite della Mensa vescovile). Nonostante dichiarata persona incapace di reggere una diocesi, per liberarsi di Nuoro chiese “un paese più facile da governare”. Dovette infine intervenire papa Leone XII su istanza di re Carlo Felice, che con breve pontificio del 29 gennaio del 1828 costrinse il vescovo alle dimissioni.
Nella sua ultra bisecolare storia iniziata il 26 luglio del 1779, la diocesi di Nuoro, pur quasi sempre governata da ottimi e qualificati Pastori di anime, ebbe a dover tuttavia affrontare anche dei difficili periodi a causa di qualche “vescovo di turno”, che certo non legò con l’ambiente nuorese e con le anime affidate alla sua cure.
Uno di questi presuli “difficili” fu indubbiamente il genovese monsignor Antonio Maria Casabianca, che restò a capo (sulla carta) della diocesi nuorese dal 1819 al 1828. Il presule, infatti, da subito cercò di ottenere un’altra carica episcopale anziché quella nuorese, che cercò in tutti i modi di farsi annullare (pur mantenendo nel frattempo le rendite della Mensa vescovile). Non ottenendo l’annullamento giunse a prendere possesso dell’incarico nuorese in forma privata, giungendo a Nuoro solo nel gennaio del 1821.
Fu indubbiamente un periodo non facile, quello caratterizzato dal presule genovese, che da subito (addirittura prima di prendere possesso della diocesi nuorese), dimostrò di non essere in sintonia con il clero e i fedeli nuoresi, adducendo i più svariati motivi, come l’incomprensione della lingua sarda, il clima rigido e perfino il difficile carattere dei nuoresi; questioni tutte che portarono il presule a cerare tutti i modi per non risiedere a Nuoro (nonostante i vari e pressanti inviti e ultimatum da parte del Governo di Torino e della Santa Sede). Tutto questo portò il vescovo a lunghe e arbitrarie assenze lontano dalla sua sede.
La storia di questo “discusso” vescovo e il suo rapporto con Nuoro è venuta alla luce di recente grazie a ricerche storiche (a cura dell’autore – ndr -) intraprese presso l’Archivio reale di Torino, con la scoperta di un manoscritto originale di otto pagine, redatto dal Governo piemontese, dal titolo: “Rapporto sopra la condotta di mons. Casabianca vescovo di Nuoro”.
“Il sacerdote Antonio Maria Casabianca – riporta in apertura il documento – era impiegato nell’Ufficio del Buongoverno in Roma, allorché nel 1819 venne da Sua Maestà re Vittorio Emanuele I, di felice memoria, nominato vescovo di Galtellì – Nuoro in Sardegna. Appena consacrato, si trasferì a Genova e quivi a Torino, dove benché continuamente stimolato a recarsi in Sardegna, dimorò più di un anno stancando la pazienza del Governo per indurlo a partire, soddisfece con molta liberalità. In pubblico il vescovo Casabianca parlava con infinita acrimonia (astio) e senza nessun rispetto del Capitolo, che per anco non conosceva, e della Diocesi di cui gli era stata commessa la cura (vedi doc. allegato). Nelle frequenti sue conferenze con il Ministro restringevasi a proporre come difficoltà principale la mancanza di Seminario, non era un giusto motivo che dovesse impedito di prendere possesso della Diocesi, che anzi avrebbe dovuto accelerarsi il momento della sua partenza, trattandosi di un oggetto a cui meglio e più efficientemente avrebbe provveduto in sulla faccia del luogo. Non vi fu motivo di piegarlo, anzi una volta chiese formalmente: o il pronto stabilimento del Seminario o le sue dimissioni; con la speranza di ottenere la risoluta risposta, la traslazione desiderata”.
Di diverso avviso fu la risposta del Governo, che nel lungo e particolareggiato rapporto continua: “Addì 20 giugno del 1820 si rassegnò a Sua Maestà il re, il rapporto della cosa e se ne ricordò il desiderio del vescovo di essere nominato ad atra sede, giacché appunto allora alcune ne volevano nella Riviera di Genova. Sua Maestà, a cui era già tropo nota la persona del vescovo, dimostrò invece di accettare e partire chi egli aveva messo, e autorizzò ad offrigli la rinunzia”.
A malincuore il vescovo Casabianca dovette partire per la Sardegna, come continua il documento: “dopo che ebbe ottenuto dal Governo altre somme di denaro per soddisfare i suoi creditori, partì alla volta dell’Isola e dopo un soggiorno di qualche mese a Cagliari entrò finalmente in possesso della sede di Nuoro. L’amarezza con cui egli aveva parlato pubblicamente del suo Capitolo e dei suoi diocesani – prosegue il rapporto – aveva da lui alienati tutti gli animi, ed il suo carattere personale era fatto per accogliere tale alienazione anziché diminuirla”.
Il duro documento inoltre non fa mistero delle dubbie capacità di un vescovo che doveva reggere le sorti di una comunità a lui affidata e continua: “Monsignor Casabianca dimostrò allora di non aver né la prudenza né la capacità di governare una Diocesi; gli affari tutti pigliarono un cattivo indirizzo; ed il Governo acquistò la spiacevole certezza che la presenza di un tal Pastore era a quei popoli non solo inutile ma perniciosa, e Sua Maestà bene informata del poco frutto che partoriva in Sardegna…”. Ma l’ostinato vescovo rimase nella sua posizione di stallo, dal momento che (pur risiedendo in sede solo saltuariamente) non accettava di dare le dimissioni (che avrebbero comportato di conseguenza la mancanza dei benefici spettanti alla Mensa vescovile) se prima non avesse avuto garanzia di ottenere di una sede più prestigiosa che fosse stata di suo gradimento. L’irremovibile situazione provocò l’intervento del Re presso la Santa Sede tramite il Cardinale Marozzo che: “… ordinò al primo Leg° di Stato per far parola con Sua Santità, della cosa rispetto a mons. Casabianca, e alla inevitabile necessità di una rinuncia, unico mezzo per cui si possa salvare il decoro della dignità vescovile e mantenere la ferma e salutare risoluzione del Governo”. La soluzione finale da parte della Santa Sede finalmente giunse a Nuoro nel 1828, quando il 23 giugno nell’Aula Capitolare il cancelliere, notaio Michele Nieddu, diede lettura del Breve pontificio con cui si comunicava che il vescovo Antonio Maria Casabianca veniva privato di ogni giurisdizione nello spirituale e nel temporale della guida della diocesi di Galtellì – Nuoro, nominando come Amministratore apostolico l’arcivescovo mons. Giovanni Maria Bua: un saggio Pastore e amministratore che diede prestigio e lustro alla Chiesa nuorese.
Michele Pintore
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