«Non esiste un’emergenza Febbre del Nilo, la situazione rientra nella normalità ed è costantemente monitorata su tutto il territorio regionale. Piuttosto, alla popolazione suggeriamo di attivare le più comuni norme di prevenzione per evitare di esporsi alle punture delle zanzare, in quanto gli interventi di disinfestazione non possono debellare del tutto larve e insetti adulti».
Lo ha detto l’assessore della Sanità Luigi Arru nel corso della conferenza stampa che questa mattina è servita a fare il punto dopo i tre casi di West Nile registrati quest’anno in Sardegna. Dello stesso tenore anche le dichiarazioni dei componenti l’Unità di crisi sulla West Nile Disease, che a turno e ciascuno per la propria competenza specifica hanno tratteggiato il quadro di un’estate atipica a causa della elevata piovosità e del persistere del caldo-umido di queste settimane.
In otto anni i casi umani di West Nile in Sardegna sono stati tredici. Nel 2018 il virus ha colpito tre anziani: un 72enne di Terralba e un 84enne di Tramatza, ancora ricoverati, e un 66enne di Arborea, già dimesso. Nel 2017 sono guarite le quattro donne che si sono ammalate a Zeddiani (51 anni), Marrubiu (81), Solarussa (90) e Oristano (85). Bisogna tornare indietro di cinque anni, al 2012, per trovare i casi di due 75enni di Nurachi e Narbolia, entrambi guariti. L”annus horribilis’ è stato, invece, il 2011, quando il virus si è presentato per la prima volta e fu letale per tre persone: un 34enne di San Vero Milis, un 75enne di Marrubiu e un 83enne di Oristano. Guarigione invece, sempre nello stesso anno, per un 73enne di Olbia.
Il virus alberga prevalentemente negli uccelli selvatici mentre il vettore di trasmissione sono le zanzare. Ospiti accidentali possono essere solo cavalli e uomini. In ogni caso il virus può essere trasmesso all’uomo solo attraverso punture di zanzara. La zona della Sardegna dove l’incidenza è maggiore è l’Oristanese, mentre i mesi in cui l’allerta deve essere tenuta più alta sono agosto, settembre e ottobre.
Tuttavia, l’Unità di crisi della Regione Sardegna monitora costantemente la situazione con trappole, per verificare il numero delle zanzare positive al virus. Controlli periodici sono anche effettuate sulle sacche del sangue donato, cosa che ha consentito di individuarne una infetta lo scorso 3 settembre.
I DATI. Soltanto tre i casi segnalati sinora (tutti dall’ospedale San Martino di Oristano: due pazienti sono ancora sotto osservazione, uno è stato già dimesso) più una sacca di donazione di sangue che il 3 settembre è stata rilevata positiva (era di un donatore di Ghilarza). Vi è una chiara sovrapposizione dei casi riscontrati nell’uomo e negli animali selvatici: la provincia di Oristano è nettamente predominante sulle altre, seguita dalla Gallura orientale, ma nessuna provincia può dirsi esente dal rischio. Tra i principali vettori, infatti, figurano i volatili (cornacchie, passeriformi e alcuni rapaci) che possono spostarsi anche di parecchie decine di chilometri dal luogo in cui sono venuti a contatto con zanzare infette.
MONITORAGGIO. Dalla fine della primavera sino al sopraggiungere dell’autunno, gli enti preposti effettuano controlli serrati in tutta l’Isola. L’Unità di crisi viene convocata ogni qualvolta ci sia la segnalazione di un nuovo caso umano di West Nile. Le azioni attive riguardano soprattutto i focolai larvali, che quest’anno si sono moltiplicati esponenzialmente a causa dell’abbondanza di piogge.
DONAZIONI DI SANGUE. La malattia non è contagiosa, hanno sottolineato più volte gli esperti durante la conferenza stampa. La trasmissione può avvenire soltanto in tre modi: con la puntura di una zanzara adulta infetta (cioè che ha contratto il virus da un animale a sua volta infetto, solitamente uccelli migratori che giungono da Paesi lontani) oppure attraverso la donazione di sangue o trapianti di organi di pazienti positivi. Quest’anno in Sardegna, per la prima volta dal 2011 (anno in cui si registrò il primo caso umano in Italia), è stata intercettata una sacca di donazione di sangue risultata positiva. A livello nazionale, invece, nel 2018 sono state trovate 56 sacche positive. Quest’anno il controllo delle sacche di sangue in Sardegna è stato esteso a tutto il mese di ottobre. Non esiste la possibilità di contrarre il virus attraverso le donazioni: tutte le sacche sono controllate.
REGIONE ENDEMICA. La Sardegna è una regione endemica. Puntualmente, infatti, la West Nile compare non appena si moltiplicano le zanzare e quelle infette pungono gli animali selvatici. Il primo segnale dell’arrivo del virus nel territorio è dato dalla massiccia morte di uccelli e altri animali selvatici. Per i cavalli esiste un vaccino, efficace se somministrato nei tempi giusti. La quasi totalità dei cavalli presenti in Sardegna ormai si è immunizzata. Purtroppo non esiste un analogo rimedio per l’uomo, dunque si deve puntare tutto sulla prevenzione e una corretta informazione. Va precisato che la Sardegna ha varato per prima, in Italia, il Piano regionale di monitoraggio e sorveglianza sulla Febbre del Nilo.
I COMUNI. Alla conferenza stampa di oggi era presente anche il direttore dell’ANCI Sardegna, Umberto Oppus. L’Associazione dei Comuni non solo ha partecipato all’ultima riunione dell’Unità di crisi, ma sta contribuendo in maniera fattiva a informare gli amministratori degli enti locali, in particolare coloro che operano in prima linea come i Comuni dell’Oristanese. Questo territorio, a causa della presenza di risaie, canali e stagni, è il più esposto, ma anche il Cagliaritano presenta vaste zone umide dove l’avifauna migratoria diventa più stanziale.
PREVENZIONE. «I rimedi sono sempre gli stessi», commenta l’assessore Arru. «Evitare le punture delle zanzare attraverso l’uso di repellenti e l’installazione delle zanzariere tra le mura domestiche. Ma anche limitare al massimo il ristagno d’acqua nei giardini e nelle terrazze, persino nei sottovasi. Le disinfestazioni sono assicurate attraverso le Province. Ecco perché non bisogna generare allarmismo tra la popolazione. La percentuale di casi clinicamente rilevanti è molto bassa, e riguarda per lo più soggetti anziani o comunque esposti anche ad altre patologie, per vari motivi. Soltanto il 20% della popolazione che è venuta in contatto con il virus può manifestare sintomi febbrili, e appena lo 0,6% può mostrare sintomi neurologici. Numeri che fanno comprendere come sia del tutto fuorviante parlare di emergenza West Nile».