Non solo cinema ma anche riflessioni sul futuro del settore e chi più autorevole di lui poteva esprimere un parere. Parliamo di Goffredo Fofi, giornalista e critico cinematografico tra i più importanti in Italia, il quale spiega la sua idea di cinema, di società e di mondo. Intervenuto alla tavola rotonda sul Futuro del cinema, organizzata da IsReal – Festival di cinema del reale –Sguardi sul Mediterraneo– in corso a Nuoro dal 2 al 6 maggio. Il cinema secondo Fofi ha bisogno di raccontare la realtà che ci circonda, questo, oggi, è un compito arduo che non tutti sono all’altezza di svolgere ecco perché afferma l’intellettuale: «abbiamo bisogno di profeti, di artisti che riescano a prevedere il futuro. Bob Dylan è un profeta». La tavola rotonda organizzata da ISReal cerca di comprendere e chiarire di che arte ha bisogno il nostro tempo e di quale tipo di cinema. «Io -prosegue Fofi- seppure legga la realtà con uno sguardo amaro e con un pessimismo sempre più accentuato – so da cosa si deve ripartire. Da registi che mi raccontino chi bisogna odiare. Che mi dicano che il populismo è una truffa. Che la politica non c’è più, perché c’è solo un partito, un modello unico, una sola idea di società: e stanno tutti a destra. Deve venir fuori un altro discorso: il compito dell’arte è questo. Strappare pezzi di territorio al nemico».
«Oggi esistono tre tipi di cinema – conclude Fofi – il realismo poetico; il realismo assoluto, che definirei rosselliniano – che prevede il pedinamento del personaggio; e il cinema di genere, ben rappresentato dai fratelli D’Innocenzo. Resiste, altrove, un certo cinema visionario come quello di Giovanni Columbu. Poco. Oggi fare un film è facile, ma bisogna avere qualcosa di importante da dire. Non tutti possono farlo. Se non c’è l’arte, almeno che si veda la realtà».
Intanto prosegue la programmazione del Festival. Oggi, venerdì, numerosi i film in sala: menzione particolare su CittaGiardino, di Marco Piccarreda.
Il Centro di assistenza per gli immigrati CittàGiardino è un edificio fatiscente schiacciato tra le montagne e le fabbriche. I suoi unici ospiti sono sei ragazzi tra i 14 e i 18 anni. Sono venuti dall’Africa, hanno attraversato il deserto e il mare, e ora sono in attesa di un permesso, un visto, un’autorizzazione di trasferimento. Il caldo, la frustrazione e la noia paralizzano i ragazzi, sotto lo sguardo di un anziano guardiano responsabile della loro supervisione. Dormono e mangiano pasti preconfezionati. Omar si allena nella sua palestra improvvisata, Jallow cerca rifugio nel proprio tablet, Jelimakan prega. Solo Sahid, un nuovo arrivato, sembra determinato a vincere l’immobilità: sta progettando una fuga.
CittàGiardino è un film che affronta il tema problematico della loro accoglienza in Italia in modo inedito e con uno sguardo personale e sorprendente, portando alla luce le distorsioni che trasformano la permanenza temporanea negli Help Center in un’odissea immobile dai contorni allucinanti.
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